EDUCAZIONE O CATASTROFE

 

Il Limite /61

Educazione o catastrofe 

“La civiltà è una gara tra l’educazione e la catastrofe”

                                                   H. G. Wells

                                                                                                                                                                                      di Raniero Regni

La frase dello scrittore visionario inglese Wells, che abbiamo messo in esergo, è citata più volte nei testi del pedagogista britannico Ken Robinson (1950-2020), uno dei più acuti studiosi di problemi educativi e uno dei maggiori critici dei sistemi scolastici. Un’autorità a livello mondiale, fatto baronetto nel 2003 dalla Regina Elisabetta per i servigi resi alle arti, Robinson ha scritto testi fondamentali per capire che cosa non va nei sistemi educativi a livello mondiale e ha sperimentato e proposto soluzioni per uscire da una crisi che appare strutturale e irreversibile. La frase contiene in sé una tensione potente e insuperabile. L’educazione è indispensabile agli umani, non si nasce umani, lo si diventa attraverso l’educazione. È questa che ci fornisce i mezzi per gestire i problemi che l’umanità si trova volta a volta ad affrontare. Esiste da sempre, ma oggi appare più acuto, uno squilibrio tra quello che siamo e quello che dobbiamo imparare per fare fronte a quello che siamo capaci di fare. Oggi quello che siamo in grado di fare supera la saggezza necessaria a sapere come dobbiamo usare le nostre capacità. L’educazione appare oggi in svantaggio rispetto alle capacità tecniche e ai problemi che queste pongono all’umanità nel suo insieme. Questo è lo squilibrio che la frase di Wells pone in maniera drammatica.

L’educazione oggi nel mondo è in gran parte monopolizzata dalle scuole. Si dice educazione formale ma si deve intendere l’istruzione scolastica e questa occupa molte risorse e impegna quotidianamente milioni e milioni di giovani e di insegnanti. L’OCSE, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico tra le nazioni più moderne del globo, pubblica ogni anno rapporti sullo stato delle scuole nel mondo, formulando graduatorie tra i vari paesi, classificando le scuole migliori e quelle peggiori. Ma gli studi e le ricerche di Robinson ci forniscono una chiave di lettura più profonda per capire quello che sta accadendo all’educazione oggi. Secondo lui i sistemi educativi sono nati assieme o come conseguenza della rivoluzione industriale. Tra la prima e la seconda rivoluzione industriale, a metà del XIX secolo, si è sentita la necessità di avere una popolazione sempre più istruita per poter partecipare al cambiamento in corso. Le scuole sono nate contemporaneamente alle caserme degli eserciti moderni, alle burocrazie statali, ma soprattutto alle moderne linee di produzione dei prodotti in serie: la catena di montaggio inventata da Ford per assemblare le automobili. Robinson lo chiama “fordismo scolastico”, si tratta di una specie di imprinting che l’istituzione scuola ha ricevuto al momento della sua nascita e che è impossibile rimuovere. La scuola finlandese e quella coreana, che spesso e volentieri nelle graduatorie OCSE sono ai primi posti per efficienza ed efficacia, apparentemente sono molto diverse, anche perché sono frutto di atteggiamenti e culture diverse. Ma al di là delle apparenze, hanno una struttura molto simile: edifici, aule, banchi, lavagne, insegnanti pagati dal governo che parlano, campanelle che suonano, studenti divisi per età, divisone del tempo-scuola in ore e discipline, e quest’ultime distribuite in una gerarchia identica. Discipline di serie A e discipline di serie B, al vertice matematica e lingua e in subordine le altre discipline, segmentate in orari e scandite durante la settimana. Tutte le scuole appaiono come linee di produzione di personalità in serie, catene di montaggio per bambini e ragazzi.

Questo tipo di sistema è stato molto efficiente nel secolo e mezzo della sua storia, ha prodotto centinaia di milioni di cittadini alfabetizzati e capaci di inserirsi nelle moderne società industriali. Ma adesso che siamo entrati nella società post-industriale, la scuola è diventata strutturalmente inefficiente e inefficace, e tutti sono scontenti delle sue prestazioni. La scuola ha raggiunto il suo limite. In sintesi, è una delle tante macchine inventate nel ‘900 che si è rotta. Alla conclusione a cui è giunto Robinson è giunto anche un noto studioso israeliano, Y. N. Harari, quando scrive, “la Rivoluzione industriale ci ha lasciato in eredità la teoria educativa della catena di montaggio…oggi sono quasi tutti d’accordo che, per quanti e quali siano stati i traguardi raggiunti in passato, oggi non funziona più. Ma finora non abbiamo creato un’alternativa credibile”. I sistemi educativi non sono più in grado di valorizzare la molteplicità delle intelligenze umane, la molteplicità dei talenti che pure tutti possiedono, non sanno più esprimere la più grande risorsa di cui l’umanità tutta è pure dotata: la creatività. L’analisi di Robinson è impietosa: tutti i bambini nascono creativi, perché sono la mente umana e il suo cervello ad esserlo, ma la creatività non muore di morte naturale, essa è uccisa proprio dall’istituzione che dovrebbe maggiormente valorizzarla, la scuola. E troppe persone vengono alienate dai propri talenti autentici.

La risposta dei sistemi educativi a questa crisi è paradossale, comprensibile ma sbagliata. Scrive Robinson, “anziché riflettere e discutere sulle strategie necessarie per affrontare questi straordinari cambiamenti, si ripete uno stanco mantra sull’innalzamento degli standard scolastici tradizionali. Questi standard sono stati concepiti per altri tempi e altri scopi…Non riusciremo a tenere la rotta nell’ambiente complesso del futuro sbirciando incessantemente in uno specchietto retrovisore”. Questo, da molti punti di vista, ci espone oggi più che mai in maniera inedita, alla tragica alternativa: educazione o catastrofe? Ma su questo limite dell’istruzione e delle sue riforme dovremo tornare ancora nella prossima puntata di questa rubrica.

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