HomeLa RivistaEducazione e Ambiente“Custodire le nostre terre”: un imperativo, non un invito

“Custodire le nostre terre”: un imperativo, non un invito

A sei anni dalla profetica enciclica sull’ecologia integrale di Papa Francesco, la “Laudato sì’”, quasi ottanta diocesi italiane, quelle nelle quali sono presenti conclamate minacce ambientali, hanno realizzato un convegno on line, promosso e ospitato dal Vescovo di Acerra. Custodire le nostre terre. Salute, ambiente, lavoro è il titolo del convegno che si è svolto il 17 aprile scorso, e il fatto che sia partito da una diocesi della Campania particolarmente martoriata, quella della terra dei fuochi, non vuol dire che sia sempre un problema di altre regioni perché il problema dell’impronta ambientale distruttiva riguarda tutta l’Italia. 

Il cardinale G. Bassetti, presidente della CEI, ha detto in apertura che l’impegno nell’ecologia integrale è un impegno indelegabile, per tutti, perché amare non è sufficiente, bisogna custodire il creato. Tutti devono mettersi in discussione raggiungendo la piena consapevolezza dei livelli di inquinamento dell’ambiente, dei corpi ma anche delle coscienze.

Poi, a seguire, per più di tre ore di diretta, in un alternarsi di testimonianze e relazioni scientifiche. Sono intervenute le mamme di Vicenza che lottano contro l’inquinamento da pfas, sostanze perfluoroalchiliche nell’acqua, con l’invito accorato a farsi complici del bene, dimostrando come le donne siano una vera e propria forza della natura, perché danno la vita e difendono la vita, diventando spesso l’avanguardia dei movimenti locali di protesta.  Il Sindaco di Acerra che ha

sostenuto con fermezza, ma mostrando anche tutta la fatica di una battaglia fatta senza l’aiuto normativo, che nelle conferenze dei servizi spesso si autorizzano singoli impianti inquinanti in maniera staccata dal contesto, costringendo i sindaci ad azioni estreme per difendere la salute dei cittadini, come il ricorso alla giustizia europea che spesso sanziona l’Italia. Poi i medici dell’ISDE, medici per l’ambiente, che hanno sottolineato come anche l’esperienza della pandemia ci ricorda che la tutela e la prevenzione ambientale devono accompagnare la prevenzione socio-sanitaria, anche essi stupiti dalla mostruosa caparbietà di inquinare da parte di molti soggetti. Mons. Radaelli, presidente di Caritas Italiana, che ha mostrato come il rapporto tra ambiente e salute deve crescere nelle realtà cristiane anche perché il maltrattamento dell’ambiente colpisce i più poveri. L’attenzione ai poveri e l’attenzione alla fragilità del pianeta coincidono, tra i poveri c’è anche la Terra. Non è quindi un caso che l’enciclica più recente sia proprio la “Fratelli tutti”, che completa la “Laudato sì’”. 

Mons. Santoro, arcivescovo di Taranto, ha invitato a creare un movimento globale, strumento di Dio, contro il negazionismo dei potenti che è invece fatto di abusi e disprezzo dei beni comuni, di sfruttamento delle risorse, al fine della massimizzazione del profitto. Ha sollevato un tema che l’Enciclica spiega bene: valutare gli effetti dell’inquinamento indipendentemente dai termini stabiliti per

legge.

E poi ancora testimonianze, come la storia emblematica del petrolchimico di Manfredonia, cento ettari di ulivi sradicati per fare posto ad un’industria inquinante e pericolosa, che per dieci anni ha creato duemila posti di lavoro ma che è finita con l’esplosione della torre dell’arsenico, che ha condannato all’abbandono un sito di una bellezza unica. Uno dei tanti esempi di convergenza di interessi a breve termine, incompetenza, disprezzo miope per la vita e l’ambiente, una storia molto italiana. E poi la relazione straordinaria di E. Burgio sulle connessioni tra ambiente e genetica nella particolare prospettiva dell’epigenetica, ovvero del ruolo determinante per lo sviluppo del feto, dalla gestazione alla nascita, e poi nei primi mille giorni di vita del bambino, delle condizioni ambientali che intervengono a perturbare il DNA.

Ma di epigenetica, delle origini fetali delle malattie dell’adulto, che indica la via di un cambiamento di paradigma scientifico fondamentale, forse parleremo in un altro momento. Ci vogliamo invece concentrare sulla relazione del teologo gesuita padre Francesco Occhetta, incentrata sulla ricezione dell’Enciclica, ma anche su di una lettura del mondo attraverso di essa. Il documento papale propone un interrogativo profondo su che tipo di mondo vogliamo trasmettere a chi verrà dopo di noi, basato su di una nuova relazione con se stessi, con l’ambiente, con gli altri e con Dio. Consumando ci siamo consumati, divisi inquiniamo insieme disinquiniamo, per questo è necessaria una conversione ecologica declinata a tutti i livelli, contro il paradigma tecno-economico-finanziario. Il modello

realizzato sino ad ora è imploso e danneggia la qualità della vita. L’Enciclica, letta più fuori che dentro la Chiesa, è diventata un ponte con il mondo intero, anche laico e non credente, contribuendo a fare dell’ambiente il primo grande tema della politica mondiale. Anche il Green Deal europeo si richiama esplicitamente alla “Laudato si’”. E non si dica che la Chiesa assomiglia così ad una ONG o ad una agenzia delle Nazioni Unite, come sostengono alcuni critici. La questione ambientale è una questione sociale e politica, ma anche teologica e spirituale. La realizzazione della casa comune e l’applicazione del paradigma dell’ecologia integrale, prevede una vera e propria conversione ecologica.

A dimostrazione del detto che “non c’è niente di più concreto che una buona teoria”, la conversione ecologica porta al risorgere di buone pratiche come l’economia circolare, con vecchi lavori che muoiono e nuovi ne nascono, con vacanze più sostenibili attraverso i cammini, rinunciando al consumo di suolo, giovani che investono nel biologico, parrocchie carbon free e così via.

Lo sguardo teologico non è ideologico o sociologico, anche se converge con i movimenti ecologisti e ambientalisti. Al fondamento c’è invece la spiritualità ecologica che immette nel dialogo due parole centrali nel messaggio cristiano come creazione e resurrezione, non semplice natura ma creazione che ingloba ambiente e natura, co-creati in armonia. Non di risorgimento, che è una reincarnazione culturale, abbiamo bisogno, ma di resurrezione, quel più di vita che avviene grazie all’amore di Dio. L’ambiente è questione di giustizia, e l’inquinamento è una rottura di un patto d’amore. Ecco l’ecologia integrale: se tutto è in relazione anche lo stato di salute e la società, ogni lesione della solidarietà e dell’amicizia civica provoca danni ambientali.

Che cosa porto nello spazio pubblico per creare un argine all’inquinamento? Questa domanda è fondamentale per tutti e la risposta

sta tra fede e giustizia. Ognuno ha la propria “terra dei fuochi” e con il male non si deve dialogare, così come non si deve essere complici con la gestione clientelare. C’è una sofferenza per l’inquinamento di fronte alla quale non possiamo chiudere gli occhi, fuggire verso strategie già compromesse o accettare regali da chi inquina. Riconoscere ciò che non va, interpretare e offrire soluzioni concrete di policy, scegliere come testimoniare quello in cui si crede, entrando nello spazio pubblico come realtà cristiana. E per far questo ci vuole molta competenza, non solo principi, bisogna molto studiare per offrire soluzioni. La conclusione: profonda trasformazione della mentalità, non crescita senza limiti, neanche limiti senza crescita, ma crescita entro i limiti…“perché del Signore è la Terra”, è una preghiera.

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