L’INVASIONE DEI DIVANI E IL RIMPIANTO PER CAROSELLO Copia

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Editoriale/Pierluigi Palmieri/17I

Il sei ottobre di 100 anni fa andava in onda la prima trasmissione via Radio nel nostro paese e proprio oggi, mentre scrivo, dagli apparecchi super tecnologici che sfruttano ancora l’opera  di alta ingegneria  di Guglielmo Marconi inaugurata  nel 1911 nella palazzina a lui intitolata, la Rai annuncia in continuazione gli  eventi con i quali celebra il raggiungimento dell’importante traguardo. A Roma, già ieri  5 ottobre sono iniziate le celebrazione per i 100 anni della radio e i 70 della televisione italiana, al Palazzo dei Congressi. nel pomeriggio di oggi 6 ottobre 2024 da Milano andrà in onda su Rai3, quel “quartetto n.1 di Haydn” che fu eseguito in diretta all’inaugurazione della radiofonia nel nostro Paese. Sempre a Roma Carlo Conti su Rai1 condurrà una serata strapiena di ospiti. Su tutte le reti non ci sarà trasmissione che non darà spazio a questi “Cento”.  Sono tanti i titoli anche sulla carta stampata che onorano la Radio, uno per tutti quello di Repubblica che recita: Cento anni e non sentirli:”La magia della radio è la sua intimità” .

Un’intimità però che viene quotidianamente minata, soprattutto sulla  più “giovane” Televisione (70 anni) con le esagerate interruzioni pubblicitarie che in alcuni casi diventano esasperanti e fino ad irritare chi ascolta. E’ questo il tema che, nel clima di euforia, credo sia importante sottoporre all’attenzione  dei nostri governanti, ma anche degli altri eletti in parlamento, le cui fazioni si contendono a colpi di stilettate le poltrone di Viale Mazzini, da cui dovrebbero gestire il servizio pubblico nel rispetto dell’intelligenza degli utenti che pagano il canone e soprattutto del Contratto di Servizio che alla voce “Mission” (lettera “O”) sostiene il “rispetto dei limiti di affollamento pubblicitario previsti dall’articolo 38 dello stesso Testo Unico che regole i media  audiovisivi e radiofonici. Non ho alcuna intenzione di annoiare, tirando fuori cavilli normativi,  i lettori della Rivista di Centralmente ( che solo per essere un pochino autoreferenziale è tra le pochissime Testate giornalistiche, e forse l’unica, che non usufruisce di introiti pubblicitari) quindi, qui di seguito esprimo un semplice mio pensiero personale. Chi gestisce la Rai si rende conto di quanto le continue interruzioni pubblicitarie e la martellante ripetizione di proposte molto spesso ingannevole danneggino  il suo prestigio?  .

 Servizio pubblico a mio parere non dovrebbe assolutamente coniugarsi con “canone”, visto che l’introito di questo balzello è garantito dall’inserimento nelle bollette della luce, E’ evidente che, nel merito, la Rai si pone allo stesso livello delle emittenti commerciali che, per definizione, hanno la raccolta pubblicitaria come presupposto per la loro esistenza. Passino pure sulle emittenti private le offerte al ribasso per i divani  che scadono sempre di domenica e che non precisano mai quali siano i tempi di consegna,  e quelle per le automobili molto costose che possono essere acquistate a 200 euro al mese   senza che si precisi quante rate si dovranno pagare. Ma che  le stesse offerte affollino le reti del servizio pubblico è inaccettabile. E’ vero che nel corso dei “Cento”  la radio prima e la televisione poi hanno contribuito “alla nascita della lingua italiana moderna, agevolando la formazione di una comunità linguistica e di valori condivisi, in cui tutti gli italiani potevano riconoscersi” ( parole di Mattarella). Ma  è possibile che una “voce affidabile e ascoltata nel panorama editoriale italiano e uno dei maggiori centri di produzione e diffusione dell’arte e della cultura” venga inquinata da “spot”  demenziali che sviliscono in un minuto il senso e valore del programma che interrompono. Allora vado con il pensiero al simpatico Carosello  che per venti anni (1957-1977) costituiva l’unico momento in cui il servizio pubblico si permetteva di mandare la pubblicità. Non erano “spot” ma  veri e propri “corti” cinematografici, con una trama estranea al prodotto da pubblicizzare, che portavano la   firma,  tra le altre, di Avati, Pontecorvo, Leone, Pasolini e Fellini e   che, per  il regolamento di allora, non potevano subire interruzioni.

Sicché solo al termine della proiezione si sentivano frasi come “Anch’io ho commesso un errore” (l’ispettore Rock che non aveva mai usato una certa brillantina) o “con quel sorriso può dire ciò che vuole” (perché  la signora aveva usato una certa pasta dentifricia) o ancora “contro il logorio della vita moderna” (bere un digestivo a base di carciofo). Ce ne erano alcuni contenenti fumetti che divertivano i bambini (Calimero, l’onorevole Albertina, Gregorio “Er fusto dr Pretorio”). Erano fissati il numero di secondi dedicati al film e il numero massimo  delle citazioni del nome del  prodotto.

Leggo su diverse fonti(L’Espresso in particolare) che gli introiti per la pubblicità per la Rai hanno superato i 700 milioni di Euro ( Mediaset i 2 miliardi, Sky 400ml e Warner Bros 250ml). Leggo anche che 93 milioni  di soldi pubblici sono stati erogati dallo Stato alle Cooperative Editoriali  (dati 2022) che editano giornali cattolici  come L’Avvenire e Famiglia Cristiana, comunisti come il Manifesto e che il Fondo per il pluralismo dell’informazione” che arriva a 110 milioni di euro va a testate  di varia collocazione politica come La Discussione e il Secolo d’Italia, non escludendo Libero, Il Foglio, e Italia Oggi. Un tesoretto non indifferente che grava comunque sui cittadini contribuenti, ed è stato saccheggiato nel recente passato anche da “testate fantasma”/ pseudo quotidiani di estrazione sindacale.

E’ impensabile tornare al mitico Carosello, che comunque rimpiango, anche per il suo aspetto educativo ( indimenticabile il “dopo carosello tutti a nanna” rivolto ai bambini), ma ridimensionare gli spot demenziali e fastidiosi “investendo” nella riduzione degli introiti pubblicitari si può.

 I tempi sono cambiati” potrebbe obiettare qualcuno più moderno  e più “Giobbe”  di me, ma chi la pensa così probabilmente non paga il canone.