TAHAR BEN JELLOUN, POETA

0
539

Tahar Ben Jelloun è una delle figure più eminenti nel panorama letterario francofono contemporaneo. Noto per la sua carriera di scrittore, poeta e pittore, oltre che per il suo impegno civile. Ben Jelloun è divenuto celebre per la sua capacità di trattare temi complessi come l’identità, la migrazione, il razzismo e la condizione umana, attraverso una prosa elegante e coinvolgente.

La formazione intellettuale di Tahar Ben Jelloun avviene attraverso gli studi di filosofia  presso l’Università Mohammed V di Rabat. L’interesse per il pensiero critico lo ha condotto ad esplorare temi universali, come la libertà e la giustizia, che avrebbero poi permeato la sua produzione letteraria. Tuttavia, i suoi primi anni furono segnati da eventi drammatici: sospettato di aver preso parte a manifestazioni studentesche, Ben Jelloun fu costretto a trascorrere due anni in un campo disciplinare militare. Questo episodio, lungi dall’allontanarlo dalla scrittura, divenne la fonte di ispirazione per le sue prime opere.

Durante il periodo di reclusione, Ben Jelloun collaborò con la rivista marocchina Souffles, un’importante piattaforma per intellettuali e artisti del Maghreb. Nel 1968, pubblicò la sua prima poesia, L’aube des dalles, in questa stessa rivista, segnando l’inizio della sua carriera come scrittore. Dopo essere stato rilasciato, tornò ai suoi studi e divenne insegnante di filosofia, ma il cambiamento delle politiche educative in Marocco, che imponeva l’insegnamento in arabo, lo spinse a trasferirsi a Parigi nel 1971.

L’ intenzione di Ben Jelloun di rimanere a Parigi per pochi anni, con l’obiettivo di completare una tesi di dottorato in psichiatria sociale.  si prolungò grazie alla passione crescente per la scrittura. Nel 1972, pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Hommes sous linceul de silence, seguita dal suo primo romanzo, Harrouda, nel 1973. Fu l’inizio di un lungo cammino che lo avrebbe portato a diventare uno degli scrittori di lingua francese più noti e tradotti a livello internazionale.

Tra le opere più significative vi è senza dubbio L’enfant de sable (1985), un romanzo che affronta il tema dell’identità sessuale e della tradizione culturale, narrando la storia di Ahmed, una ragazza allevata come un ragazzo dal padre. Questo romanzo, denso di simbolismi, rappresenta una profonda riflessione sui ruoli di genere e le pressioni sociali, ed è considerato uno dei testi più innovativi della letteratura francofona contemporanea. Il suo seguito, La nuit sacrée(1987), vinse il prestigioso Prix Goncourt, consolidando ulteriormente la reputazione dello scrittore.

Tahar Ben Jelloun ha sempre combinato l’impegno letterario con quello civile. Un esempio di ciò è il saggio Le racisme expliqué à ma fille (1998), un’opera educativa in cui lo scrittore affronta il tema del razzismo, cercando di spiegarlo in termini semplici e comprensibili per un pubblico giovane. Questo testo è diventato un punto di riferimento nella lotta contro la discriminazione, e ha contribuito ad ampliare la visione di Ben Jelloun come una figura non solo letteraria, ma anche politica e sociale.

Anche la sua esperienza con la psichiatria sociale ha avuto un impatto sulle sue opere. In La réclusion solitaire (1976), lo scrittore trae ispirazione dai suoi studi sui disturbi mentali degli immigrati, e il tema dell’alienazione e del disagio psicologico permea molte delle sue opere successive.

La mia patria è un volto

La mia patria è un volto
un chiarore essenziale
una fontana di sorgente viva
È mano che attende
trepida il crepuscolo
per posarsi sulla mia spalla
È una voce
di singhiozzi e di risa
un sussurro per labbra che tremano
La mia patria non ha altro orizzonte
che trattenuta tenerezza
negli occhi neri
una lacrima di luce
sulle ciglia
È un corpo di tormenti
preziosi
come un fascio di radici
vicino alla tera calda
È poesia
generata dall’assenza
un paese che nasce
sul bordo del tempo e dell’esilio
dopo un sonno profondo
sospeso a un albero
dai fragili rami
agitati nel vento
La mia patria è un incontro
avvenuto su un letto di foglie
una carezza per dire
e uno sguardo per dormire
paese lontano dalle parole
tanto da calpestare il ricordo
Tra le nostre dita
un ruscello
perché il silenzio sia
Il mio viso è di quel cielo ostinato
vuoto
ferito dall’eleganza del rifiuto
La mia caduta il nostro amore
albero dissanguato
sfigurato dalla grazia spezzata
lo stesso dolore
ha afferrato i nostri corpi
Restano quei versi
cordoglio tardivo
per una patria che non ha più volto.

Stelle velate. Poesie 1966-1995 (Einaudi, 1998), trad. it. Egi Volterrani.

La luce del giorno lentamente traccia sul
campo pudico di terra bianca il contorno di un
corpo amoroso.
Sul corpo nudo scivola la brezza del mattino.
Un vento breve drizza il seno
poi le anche. Sulla cima del ginocchio
impazzisce l’uccello del paradiso.
È un cuore che palpita
o è la terra che si spazientisce?
Il desiderio si è disteso nel letto del fiume lontano.
Corpo d’amore
brace di luce
attendi la notte per l’amplesso solitario.
Son io che ti invento
ti guardo fremere e muovere
la tempesta ti gonfia le labbra e t’irrigidisce il busto
una palma si china sui tuoi capelli che spandono fuoco
ti so fiume, leggenda e musica.
Ma il tramonto ti ha spento,
ultima stella che accompagnava il sole.
Giunta la notte, nessun pensiero ti esalta.
Questa è la solitudine:
un corpo appena nominato è portato via dalle parole.

Stelle velate. Poesie 1966-1995 ( (Einaudi, 1998), trad. it. E. Volterrani