L’ESTETICA DELLA DEFORMAZIONE: PROTAGONISTI DELL’ESPRESSIONISMO ITALIANO – GALLERIA D’ARTE MODERNA DI ROMA

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AI CONFINI DELL’IMPERO / ROBERTO PUZZU / 171

L’estetica della deformazione è una componente cruciale dell’espressionismo italiano, movimento che si sviluppa tra gli anni Venti e Quaranta del XX secolo. Nel contesto dell’arte occidentale, la deformazione e l’uso spregiudicato del colore sono stati strumenti per esprimere pulsioni profonde, lontane dalle forme idealizzate della tradizione classica. Questo ritorno ad un’estetica irrazionale e viscerale ha radici antiche, ma trova la sua pienezza nell’Espressionismo, fenomeno artistico e culturale che, pur avendo il suo epicentro in Francia ed in Austria-Germania, conosce una declinazione peculiare anche in Italia.

Emilio Vedova, IL CAFFEUCCIO VENEZIANO 1942, olio su tela

La deformazione espressionista in Italia non si sviluppa come un movimento unitario bensi come un “arcipelago” di esperienze individuali, influenzate sia dal dialogo con l’Espressionismo internazionale che dal confronto con le correnti artistiche italiane tra le due guerre. Caratteristica comune a questi artisti è la prevalenza della visione soggettiva sull’imitazione oggettiva della realtà, la crisi esistenziale che si manifesta nella violazione della forma ideale e il primato del colore sul disegno. L’arte espressionista italiana diventa così un consapevole linguaggio anarchico, capace di esprimere l’inquietudine interiore attraverso forme deformanti e colori intensi.

Marino Mazzacurati, RITRATTO D’UOMO

Uno dei centri di questo fermento artistico è Roma, dove la “Scuola di via Cavour” si distingue per la produzione di una pittura visionaria, fondata su colori accesi ed ispirata ai grandi del passato come Goya e Bosch, ma anche ai moderni Chagall e Kokoschka. Gino Bonichi (Scipione), Mario Mafai e Antonietta Raphaël sono tra i protagonisti di questo movimento. Le loro opere ritraggono un mondo allucinato, in cui la città di Roma si trasforma in un palcoscenico per visioni oniriche e simboliche. Il Cardinal Decano di Scipione è un esempio emblematico: una figura ecclesiastica immersa in un paesaggio deformato, sconvolto da bagliori apocalittici.

Gino Bonichi (Scipione), IL CARDINAL DECANO, 1942, olio su tela
Gino Bonichi (Scipione), LA VIA CHE PORTA A SAN PIETRO, 1942, olio su tela

Mario Mafai, LE CASE DEL FORO TRAIANO, 1930

Parallelamente, a Torino si sviluppa il gruppo dei “Sei pittori” (1929-1931), che rappresenta un altro importante punto di riferimento dell’Espressionismo italiano. Artisti come Carlo Levi, Francesco Menzio e Gigi Chessa, sotto la guida critica di Lionello Venturi, si concentrano su una pittura neoromantica, sensuale e materica, in aperta opposizione al classicismo novecentista dominante. I “Sei” guardano con ammirazione all’Impressionismo francese e alle ricerche cromatiche di Van Gogh e dei Fauves, costruendo un linguaggio pittorico che privilegia il colore e l’emozione rispetto alla precisione formale.

Gigi Chessa, NUDO SDRAIATO, 1929
A Milano, il movimento “Corrente”, nato attorno alla rivista omonima fondata da Ernesto Treccani, si oppone alla restaurazione culturale imposta dal fascismo. Artisti come Renato Birolli, Aligi Sassu e Renato Guttuso cercano di esprimere attraverso il colore e la deformazione l’angoscia e l’instabilità del loro tempo. Le loro opere trattano temi umani e politici, riflettendo sulla condizione esistenziale dell’uomo in un mondo in crisi. Il “Caos” di Birolli, ad esempio, è un manifesto della ribellione contro l’ordine imposto dal Regime, dove il colore domina sulla forma, creando una visione caotica e vitale.

Renato Birolli, IL CAOS, 1936, olio su tela

Renato Birolli, IL GINECEO, 1934, olio su tela

L’espressionismo italiano, pur mantenendo un dialogo costante con l’Europa, si distingue per la sua capacità di interpretare lo specifico culturale del paese. Le opere di questi artisti non cercano di imitare i modelli stranieri, ma sviluppano un linguaggio originale, capace di dare voce alle tensioni della modernità e di riflettere la crisi morale e politica di un’epoca segnata dalla dittatura e dalla guerra.

 

Mario Mafai, DONNE CHE SI SPOGLIANO, 1934

La deformazione espressionista non è stato solamente un atto estetico, ma una presa di posizione etica e politica. In un mondo dominato dalla retorica del potere e dalla repressione, l’arte espressionista diventa un grido di libertà.

Il dialogo tra la Collezione Giuseppe Iannaccone e la Galleria d’Arte Moderna di Roma mette in luce come l’arte italiana degli anni Venti e Quaranta sia stata capace di interagire con i grandi movimenti internazionali, creando un lessico visivo potente e attuale anche per il pubblico contemporaneo.