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Sara, la Schiaccia-Pregiudizi

Sport /1 62

S.S.S. Special Sort Story/12

 a cura  di  Alessandro Palazzotti 

Cerchiamo di avere un solo scopo, il benessere dell’umanità; e mettiamo da parte ogni pregiudizio in considerazione del linguaggio, nazionalità o religione.”
(John Amos Comenius)

Per presentare la Storia di oggi, quella di Sara, sono sufficienti alcuni passaggi dell’intervista a mamma Nylde:

Sara “…… non ha mai mantenuto a lungo il dispiacere o la rabbia, sono sentimenti che non le appartengono per natura.”

Sara “..ha una condizione che non si cura come una malattia, rimane tutta la vita. Forse cio’ che deve guarire appartiene intorno a Sara e a tutti noi.”

“Per prime sono state le maestre a non saper cogliere l’opportunità di insegnare qualcosa di importante alla classe attraverso la presenza di nostra figlia.” Mi fermo qui e buona lettura di questa bella storia.

Un’Atleta super determinata

 

Sara è un’Atleta solare e sempre sorridente, mostra un attaccamento alla vita da fare invidia. È allegra e sorprendentemente determinata. La tenacia è una caratteristica che l’ha accompagnata fin dalla nascita, oggi ha 27 anni. Nonostante le difficoltà non si è mai arresa nel cercare la strada per arrivare, nonostante abbia avuto anche delle avventure poco piacevoli non ha mai mantenuto a lungo il dispiacere o la rabbia, sono sentimenti che non le appartengono per natura.

Sapevamo che sarebbe nata molto piccola – racconta mamma Nylde – e per questo ha passato i primi mesi di vita in terapia intensiva. Tuttavia non sembrava ci fossero dei problemi, sembrava dovesse solo crescere. Durante i primi due anni abbiamo iniziato a capire che forse c’era qualcosa che non andava in lei: si ammalava spesso, non cresceva come gli altri bambini della sua età, aveva evidenti ritardi nello sviluppo ma ci sono voluti ben 10 anni per ricevere una diagnosi.  10 anni di ospedalizzazioni, seppur discontinue, di esami ed accertamenti, di opinioni e di consigli spassionati. Ci è voluto un pediatra ricercatore per avere la certezza che Sara avesse una disabilità intellettiva e relazionale. Una condizione che non si cura come una malattia, rimane per tutta la vita. Forse ciò che può e deve guarire appartiene al mondo intorno a Sara e a tutti noi.

La scuola 

 Viviamo in un piccolo paese che non era pronto ad accogliere Sara. Qui non esisteva una cultura dell’inclusione né la bellezza dell’essere tutti diversi e questo ha recato molta difficoltà a noi tutti, in particolare quando Sara ha iniziato a frequentare le scuole elementari. Per prime sono state le maestre a non saper cogliere l’opportunità di insegnare qualcosa di importante alla classe attraverso la presenza di nostra figlia. Il risultato è che è stata costantemente esclusa dai compagni. Sara presenta problemi a livello scheletrico e ortopedico ma la sua disabilità intellettiva non è evidente agli occhi, al primo impatto, forse anche per questo, a scuola, passava sempre per quella che disturbava, che non sapeva contenersi. Di fatto in quegli anni Sara non ha imparato nulla, soprattutto a livello relazionale ed io ricordo che mi recavo ai colloqui con gli insegnanti con la legge sull’integrazione scolastica sottobraccio senza mai ricevere la giusta attenzione.

Finite le elementari, abbiamo deciso di segnarla alle medie in un altro paese con la speranza di trovare un ambiente nuovo, accogliente per Sara e così fortunatamente è stato. Poco importa se abbiamo dovuto sacrificare la nostra routine perché ne abbiamo guadagnato in serenità e speranza per un futuro migliore.

Sara è cresciuta, oggi partecipa ad un progetto di vita indipendente che stiamo costruendo assieme, ce lo stiamo anche un po’ inventando a dir la verità perché il paese dove viviamo anche oggi non risponde molto all’esigenza di formare figure professionali di supporto. Sara ha raggiunto un buon grado di autonomia: ha imparato a spostarsi da sola con i mezzi, a memorizzare gli orari degli autobus, ad acquistare i biglietti, sa cucinare.

Special Olympics è lo sport dell’inclusione

La pallavolo è sempre stato lo sport “di famiglia” per Sara, praticato già dai suoi genitori e da suo fratello. Da piccola giocava nella squadra del suo paese, Celle Ligure, allenata proprio da suo papà, ma poi ha dovuto purtroppo interrompere. Ha dovuto attendere il 2018 e la Volleyball Week di Special Olympics Italia per tornare a giocare in campo. Mentre era al palazzetto per assistere come pubblico ad una partita di campionato, è stata coinvolta quasi per caso nel team Eunike che aveva organizzato proprio lì in quella giornata, una discesa in campo e una partita dimostrativa di pallavolo unificata. Tutto è iniziato lì! L’anno successivo è tornata a far parte del Celle Varazze Volley, coinvolta proprio dalla coach di Eunike Eleonora Ferrari insieme ad altre sue coetanee con disabilità, allenandosi insieme alla squadra Under16 e partecipando con loro ad alcune partite. L’emozione di poter gareggiare davanti ai suoi genitori e ai suoi fratelli è stata grandissima! Con il passare dei mesi ha iniziato anche ad allenarsi assiduamente con il team Eunike, sia nel nuoto sia nel Beach Volley Unificato, che le ha permesso di vivere la prima trasferta insieme alle sue compagne di squadra, per partecipare agli Unified Beach Games di Cesenatico, l’evento che sicuramente ricorda con maggior soddisfazione.

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