HomeLa RivistaMEHMET YASHIN NELLA POESIA CIPRIOTA CONTEMPORANEA

MEHMET YASHIN NELLA POESIA CIPRIOTA CONTEMPORANEA

Mehmet Yashin, nato a Nicosia, Cipro nel 1958, è riconosciuto come uno dei maggiori poeti di lingua turca della sua generazione. La sua vita e la sua opera sono profondamente segnate dalle vicissitudini storiche e personali, che si riflettono nella sua poetica.

La sua poesia, caratterizzata da una profonda sensibilità e da una raffinata tecnica espressiva, affronta temi universali come la guerra, l’esilio, la perdita e la ricerca di identità. Il suo linguaggio, spesso intriso di immagini potenti e suggestive, riesce a evocare con intensità le sofferenze e le speranze di un popolo segnato da conflitti incessanti. Proveniente da una famiglia di commercianti cipriota, Yashin ha vissuto in prima persona le tragedie che hanno insanguinato la storia dell’isola. Gli eventi del Natale 1963 hanno rappresentato una frattura drammatica nella sua esistenza: numerosi membri della sua famiglia furono uccisi, deportati o dichiarati dispersi. Queste esperienze traumatiche hanno influito profondamente sulla sua visione del mondo e sulla sua produzione letteraria, rendendo la sua poesia un potente strumento di memoria e denuncia.

Il percorso di studi diversificato e cosmopolita,  ha arricchito ulteriormente la sua prospettiva culturale. Ha studiato scienze politiche, storia e letteratura presso le Università di Ankara, Istanbul, Atene, Birmingham e del Middlesex. Questa formazione eclettica gli ha permesso di sviluppare una voce poetica unica, capace di intrecciare riferimenti storici, politici e culturali in un tessuto letterario ricco e complesso.

Il pescatore

La roccia come spugna

Che rotolò giù dalla montagna

Dev’essere soffice e piacevole, si immagina il pesce.

Conchiglie svuotate

Che il mare ha trascinato a riva;

Inconsapevoli del loro farsi pietra,

Vengono lanciate dal bambino tra le onde

Come se ciò che da questa vita

È stato ucciso potesse vivere di nuovo

Il sale di cui è imbevuta la costola della barca

Il profumo porpora del timo

sul grembo degli scogli…

E nel mezzo di tutta questa bellezza

È solo nell’amata che la Bellezza si fa carne,

Trasformandosi in una leggenda

Adatta abbastanza all’arte della poesia.

Il pescatore che diede il titolo a questa poesia

È inconsapevole della bellezza che gli appartiene.

Eppure anche la bellezza vorrebbe essere riconosciuta

Sì da rivelarsi sulla superficie del mare

Sì che l’anima possa portare il corpo

E il corpo l’anima.

 

La curva

Adori i suoi piedi. La sua pianta ricurva.

La sua caviglia tanto forte che non farà male neanche un poco

Nel toccare il pavimento…in fin dei conti, le sirene non possono mostrare

Il dolore che sentono ogni volte che camminano sulla terraferma.

Lei inclina la testa con quei suoi capelli inafferrabili e guarda con sorpresa

i suoi piedi attraverso i tuoi occhi. E anche il modo in cui girano su se stesse

Le parole pronunciate al contrario

come le curve di un hula hoop… adori

il bordo dell’ombra madreperlata delle sue unghie. Le sue gambe slanciate

che si allargano appena e salgono al polpaccio

che ti ricordano in certi punti l’ala di un uccello bianco con le piume gialle

Le sue dita dei piedi ti emozionano come se dovessero prendere il volo da un momento all’altro.

Eppure non volano. Lei cammina sul terreno diritta e diritto. Quasi rigida.

E si allontana senza indecisione …disegnando una curva

verso di te, mentre si fa sempre più distante sulla sabbia

– adori il modo in cui nascode i talloni alla tua vista.

(Traduzione: Ivana Varunek)
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