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MART DI ROVERETO – ARTE E FASCISMO –

Fortunato Depero “Duce nel mondo”1934

Il regime fascista in Italia, sotto la guida di Benito Mussolini, si distinse dagli altri regimi totalitari del XX secolo per la sua strategia, unica nel campo artistico. Mentre nazismo e stalinismo imposero un’estetica rigida e monolitica, il fascismo italiano adottò un approccio più flessibile e opportunistico, appropriandosi di diverse correnti artistiche già esistenti. Questa strategia non solo permise al regime di sfruttare un ampio spettro di espressioni artistiche, ma anche di utilizzarle come strumenti di propaganda per consolidare il proprio potere.

Mario Sironi “Condottiero a cavallo”1934-35

Mario Sironi “Condottiero a cavallo”1934-35

Adolfo Wildt “Dux”1923

A differenza di regimi come quello nazista, che promosse un’arte strettamente conforme all’ideologia ariana e anti-moderna, il fascismo non impose una singola estetica ufficiale. Mussolini e i suoi sostenitori compresero invece l’importanza della diversità artistica funzionale al raggiungimento di un pubblico più ampio ed al contempo dimostrare una falsa apertura culturale. Questa pluralità si manifestò nell’adozione e nella manipolazione di movimenti artistici preesistenti, ciascuno dei quali veniva piegato ai fini propagandistici del regime.

Fortunato Depero “Duce nel mondo”1934

Cagnaccio Di San Pietro “Il Randagio”1932

Adolfo Wildt “Il Duce, ante 1928 

Il futurismo, con la sua esaltazione della velocità, della tecnologia e della guerra, si armonizzava perfettamente con l’ideologia fascista, che glorificava la forza, il dinamismo e la modernità. Artisti come Filippo Tommaso Marinetti, leader del movimento futurista, furono tra i primi sostenitori del fascismo, nell’identificare in Mussolini il realizzatore delle loro visioni. Le opere futuriste, con le loro linee spezzate ed i colori vibranti, diventarono strumenti per la promozione di un’immagine dell’Italia potente e proiettata verso il futuro.

Renato Bertelli “Testa di Mussolini (Profilo continuo)” 1933

Parallelamente e furbescamente, il regime fascista trovò utile appropriarsi del movimento del “Novecento Italiano”, promosso da Margherita Sarfatti. Questo movimento predicava un “ritorno all’ordine” e alla tradizione classica, nel suo contrapporsi all’avanguardia futurista, nella riscoperta dei maestri classici, nel mirare alla creazione di un’arte che fosse al contempo moderna e radicata nella tradizione italiana. Un’opportunità che offriva al regime un modo per promuovere l’idea di continuità storica e di grandezza culturale, quindi  fondamentale per la costruzione del consenso.

Cesare Maggi “Ascoltando alla radio un discorso del Duce”1940

Carlo Carrà “Pugilatori”1933-35

Olmedo Mezzoli “In palestra” 1940

La riscoperta dei maestri antichi fu una componente centrale della strategia culturale fascista. Mostre e eventi celebrativi furono organizzati per mettere in risalto l’eredità artistica italiana, rafforzando l’idea che il regime fosse il custode ed il continuatore della grande tradizione culturale nazionale. Questo legame con il passato veniva enfatizzato anche attraverso l’architettura, con la costruzione di edifici ispirati al classicismo romano che simboleggiavano la rinascita dell’impero.

Alberto Libera “Progetto del palazzo dell’acqua e della luce all’E42″1939

L’arte di regime, d’altra parte, mirava a rappresentare l’ideologia fascista in modo diretto ed accessibile. Monumenti, affreschi e opere pubbliche celebravano i successi del fascismo, nel ritrarre Mussolini come il nuovo imperatore ed il fascismo come il restauratore dell’antica gloria romana, sempre nell’intento di costruire e mantenere il consenso popolare attraverso immagini potenti e simboliche.

Mario Sironi “Solitudine”1925-26

Thayant “Condottiero ( Dux con pietra miliare)”1929

Di fatto, la mostra è un momento di studio di quella realtà storica, come afferma la curatrice :«La relazione con il regime,  non può essere negata o cancellata in virtù della situazione ideologica, ma va studiata e compresa come episodio della storia recente, mettendo in luce la pluralità e varietà di linguaggi che sono fioriti». Nelle varie sezioni si affrontano i temi del rapporto altalenante del Futurismo con il fascismo, soprattutto quello di Depero, sul cui nucleo di opere il Mart affonda le sue radici, e poi dell’arte pubblica che si espresse nella pittura murale, nell’architettura e nella fondazione di nuove città, dell’istituzione di un sistema delle arti. Trasversalmente si legge il rapporto contraddittorio tra modernità e classicità, così come la costruzione di nuovi miti, caduti insieme alla dittatura con la guerra.

Per i nostri lettori alleghiamo il link che riporta il servizio della RAI del Trentino con il commento di Vittorio Sgarbi all’inaugurazione delle mostra. A seguire un filmato della mostra nei locali del MART di Rovereto

https://www.rainews.it/tgr/bolzano/video/2024/04/al-mart-di-rovereto-linaugurazione-della-mostra-arte-e-fascismo-429fe3f5-ee26-4b08-8d55-ddfe4d2fdb03.html

ARTE

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