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“BLU DI PRUSSIA” di Roberta C. La Guardia

Su indicazione dell’autore televisivo Marco Calisse segnaliamo la pubblicazione del volume di poesie dell’autrice Roberta C. La Guardia con la prefazione di Pino Suriano (nella foto la copertina di Blu di Prussia della pittrice e stilista Maria Giulia Fuina) e  il progetto grafico di Francesco Laguardia. (PLP). 

“Trovo risposte nella scrittura” è il titolo di una delle poesie contenute nel volume “BLU DI PRUSSIA” di Roberta La Guardia, di recente pubblicazione, per i tipi di Lorenzo Minetti,. che esplora l’interiorità umana e la complessità delle emozioni. La poesia in esame racconta di una visione intima dell’autore riguardo la scoperta di sé e la percezione dell’altro, nel delineare un viaggio che passa attraverso la scrittura come mezzo di rivelazione e introspezione. L’autrice usa la scrittura come strumento di esplorazione interiore, nel collegare il cuore e la mente in un dialogo costante con il “sé”. Lo stile libero da rigide strutture metriche permette una maggiore fluidità nella trasmissione delle personali emozioni dove l’autrice riesce a  raccontare il senso della sua vulnerabilità e introspezione. (R.P.) 

Roberta C. La Guardia, attrice, regista, giornalista e autrice. Ha pubblicato, nell’ ottobre 2023, un libro sul pittore Gaetano Dimatteo scritto a due mani con il giornalista Pino Suriano. “BLU DI PRUSSA. Voci di dentro” è la raccolta di versi dell’autrice che si articola in 52 poesie più un poemetto, E’ stato già  presentato a Berlino e al Salone del libro di Torino,  pubblichiamo qui alcuni versi. e a seguire la prefazione   curata dallo stesso Suriano

 

Intimità

Trovo risposte nella scrittura,

trovo me stessa nelle mie mani collegate al cervello del cuore e al cuore del cervello.
E scopro…
Scopro che tu non sei tu

anzi
chi sei tu?
Tu sei solo il viso che in questo momento identifico con l’immaginifico di ciò che rappresenti per me, dipinto della mia visione interiore dell’amore.

Scopro
poiché indago e non ignoro di qua e di là
alcune mie profondità,
scopro
che sei brace spenta
uovo senza tuorlo
sei il mio bisogno di distruggerti e non sei sorpresa sei estraneo, cenere, risveglio, strappo muscolare acqua che dalla riva slava la sua stessa immagine sei stamattina
sei verità
sei reazione e relazione erotica che non arriva,
sei nella gratitudine per questo scritto,
ennesimo viso che cancellerò
o che forse ricorderò
nella carrellata di tutti i visi che ci sono già stati, fulmini
di quell’attimo esistenziale di vita e di vite possibili che rivedremo forse in punto di morte.
Fino alle ossa gelido
questo giorno di febbraio
attende tiepida l’aria
e le nude gambe di maggio.
E scopro
nel buio mio

che il mio sole
son io
fiume d’Eros che scorre nudo sfacciato selvaggio malinconico nella notte
nel sogno.

Nel sogno
come un canto di sirene,
le onde, scendendo a valle, mi incantano
e mi cantano
con chiarezza comunicativa, la mia reale intenzione
di essere felice,
di viver d’Amore.

Ad uno sconosciuto

D‘estate la tua mancanza è ancora più forte, quando l‘aria è dolce
e alla mia spalla
manca il fiato della tua mano.

Prefazione a “ Blu di Prussia. Voci di dentro.”

La raccolta illumina diversi aspetti del modo di essere di Roberta La Guardia, del suo stare al mondo. Partirò da qui, dalla persona e non dal testo, in deroga agli stilemi del buon prefatore. Ebbene, Roberta La Guardia nella vita è sempre, perennemente “disarmata” e per questo fragile e forte insieme. Il suo stile non è mai in lei passiva rassegnazione al male e all’ingiustizia, non lo si confonda con la resa. Al contrario – e questi versi lo testimoniano – Roberta è un animale determinato, potentemente, desiderante. Ma c’è un modo di desiderare privo dello “spirto guerrier” di foscoliana memoria, in fondo privo del nemico? È il suo. Questo stare al mondo è ben richiamato da una parola potente della nostra lingua, “comprensione”, che significa prendere con sé (“cum-prehendere”): Roberta prende con sé il dolore, proprio e altrui, e così il male non è mai scacciato, ma sempre, appunto, “com-preso”.  Lo è anche il lettore, chiamato in gioco esplicitamente nell’esperienza di “com-prensione” del reale. “Che ne pensi?” è il verso che chiude una sua lirica. Tutto il dolore, la mancanza, l’ingiustizia sono “com-presi” nel desiderio di pienezza, come in certe antiche cattedrali medievali dove le figure bestiali e demoniache non erano escluse, ma incluse nel disegno provvidenziale, incastonate nell’armonia del tutto. Figura chiave in questo senso è l’ossimoro, strumento tecnico-espressivo  in molti suoi versi ma anche forma del pensiero e dello sguardo di Roberta: possibilità di una convivenza (comprensione è, in fondo, convivenza con l’altro da sé) tra opposti, paradossale e viva. Nella poesia di Roberta La Guardia convivono, senza strappo alcuno, “dispersione e voglia di mele”, e il turbamento può essere “dolce”, si può essere “grati per l’abbandono” e l’inverno, come in questi versi bellissimi, può portare con sé l’estate e il destino: […] di un inverno che sa d’estate e di destino nel desiderio di un incontro che lenisca quell’antico freddo di cui potrei morire.

 I versi appena riportati sono tra quelli che mi piace definire “impennate liriche” dell’autrice, momenti che accendono la lettura, tanto più belli quanto più la parola è semplice e diretta, quando il desiderio è dichiarato con una certa adolescenza del cuore: […] d’estate la tua mancanza è ancora più forte, quando l’aria è dolce e alla mia spalla manca il fiato della tua mano.

Può un inverno essere estate e destino? Questa raccolta ci testimonia, anzi ci canta la speranza di questo bene desiderabile nel male: come un dannato che scivola dalla roccia dei gironi dell’inferno verso il dirupo, auspicando però nel volo di trovare il paradiso. Il canto di Roberta è canto di speranza senza rabbia. Con lei riscopriamo che l’assenza può essere cantata anche senza urlo, con eleganza, candore e persino nobiltà. È il blu di Prussia in copertina.

Pino Suriano

 

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