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INQUINAMENTO ACUSTICO E MUSICA D’AMBIENTE

 Il Limite /161

di Raniero Regni    

 Le notti d’estate in campagna sono uno spettacolo, per gli occhi, ma soprattutto per gli orecchi. Il concerto dei grilli e delle raganelle, il chiù e il sempre nuovo canto degli usignoli, rappresentano una colonna sonora ideale per le siepi che pullulano di lucciole. Ci si sente a casa, ci si sente di essere parte di un cosmo che vive sotto la cupola del cielo stellato. La natura tace e canta sommessamente e noi siamo in ascolto e risuoniamo con essa.

L’opposto di questa esperienza è l’incessante musica artificiale che accompagna ogni attimo della nostra vita. In auto, al ristorante, al supermercato, in stazione, in ascensore, non esiste più un luogo pubblico dove non ci sia musica. Intendiamoci bene, la musica è una delle espressioni più alte dello spirito umano e sarebbe molto difficile vivere senza la musica. Aveva ragione Schopenhauer quando cercava di individuare l’enigmatica essenza della musica come rimedio al male di vivere. Essa scorre davanti a noi come un paradiso completamente familiare e tuttavia eternamente lontano.  Il dualismo viene superato dalla musica, che non è più qualcosa che esprime e qualcosa che viene espresso, ma completamente senso e completamente espressione. La musica è una forma simbolica che si connette con i nostri sensi e con le nostre onde cerebrali e ci collega misteriosamente agli altri.

Ma questa è la musica che noi scegliamo in certi momenti della nostra giornata e della nostra vita e a cui chiediamo tante volte di rispondere alle nostre domande di senso, quando siamo allegri oppure quando siamo tristi. La musica d’ambiente è scelta da altri, molto più spesso da una play list digitale. Spesso ti impedisce di conversare al ristorante e, come recita una famosa definizione di chi è uno scocciatore: “ti impedisce di essere solo senza farti compagnia”.

Perché questa musica è dappertutto? Perché questa colonna sonora ossessiva è oramai presente ovunque? Ho trovato una risposta nell’opera di un raffinato sociologo tedesco, Hartmut Rosa, maestro di quarta generazione della Scuola di Francoforte La sua analisi della società contemporanea si basa sul concetto di accelerazione che costringe tutto il corpo sociale ad un’incessante rincorsa in cui però rimaniamo sempre indietro perché la crescita va più veloce dell’innovazione tecnologica che pure ci permetterebbe di risparmiare tempo facendo più cose. Il sistema economico non può vivere che crescendo all’infinito ed è questa mancanza di limiti che lo porterà, tra l’altro, a sbattere contro quelli imposti dalla natura che ci costringerà ad una brusca de-accelerazione. L’accelerazione produce alienazione che si manifesta nelle nostre vite in tante maniere. L’alienazione è il contrario della risonanza con il mondo e con gli altri.  Risuonare significa reagire in maniera sensibile a ciò che ci circonda. La risonanza è una metafora musicale che il sociologo tedesco utilizza per indicare l’atteggiamento di ascolto del mondo e degli altri, la guida per quella che possiamo chiamare “la vita buona”. Ciò che risuona con il soggetto sono il mondo e gli altri, ma questo accade quando non si è sottoposti all’accelerazione della vita contemporanea. Questo accade quando cessiamo di avere un atteggiamento strumentale nei confronti del mondo e passiamo ad un atteggiamento egocentrico ed egoistico nei confronti degli altri. Quando rinunciamo al dominio abbiamo una relazione riconoscente con il mondo e con le altre persone.  allora La risonanza è possibile quando ci sottraiamo allo spasmodico bisogno di crescita e di sviluppo a cui sono condannate le nostre società in una continua accelerazione alienante fine a se stessa,.

La risonanza è più di una metafora. Non abbiamo né il modo né il tempo di ascoltare la musica del mondo e della vita. Volendo controllare il mondo, questo non ci parla più, diventa sordo e noi con lui. Allora cerchiamo una risonanza sostitutiva, artificiale che possiamo controllare noi, ma in realtà falsa. E qui scatta la musica d’ambiente, “la musicalizzazione onnipervasiva della vita quotidiana”.

Visto che questo accordo è oggi diventato impossibile cerchiamo un surrogato della risonanza con sottofondi musicali che ci accompagnano dappertutto, una forma di autorisonanza, la cui immagine estrema è costituita dall’uso degli auricolari. Cerchiamo come di costruirci una casa e una cassa di risonanza ma questa non riesce a farci sentire comunque a casa. Se la sintonizzazione con il mondo è una specie di musica allora mettiamo delle colonne sonore continue alla nostra vita. E, la cosa ancora più strana, è che non ce ne accorgiamo neanche più.

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