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PERDONO, PERDONANZA, GIUBILEO

 Educazione e ambiente / 158

di Padre Quirino Salomone

In vista del XXV Giubileo universale ordinario della storia della Chiesa cattolica.( 2025) n questo numero iniziamo la pubblicazione di alcune riflessioni di Padre Quirino Salomone, personaggio iconico tra i biografi  di Celestino V, sul quale ha scritto e  illustrato la figura in incontri e convegni, ma soprattutto in occasione dell’annuale celebrazione che, si tiene ogni anno all’Aquila, in maniera solenne. Gli articoli che leggeremo. sono tratti dal testo della relazione che il Francescano ha tenuto al Convento di San Giuliano sul tema Perdono, Perdonanza, Giubileo.

Il testo che sarà inserito nella prossima ristampa del libretto  “Celestino della gente“, ci è stato fornito dal dott. Dante Capaldi, direttore  per oltre vent’anni della Rivista “La Perdonanza”,  anch’egli attento cultore della figura del “Frate del Morrone”.   

Noi di  Centralmente  abbiamo suddiviso il testo in quattro parti che offriamo molto volentieri ai nostri lettori. Ci proponiamo di pubblicare ampi stralci del Libretto “Celestino della gente” aggiornato. 

PLP

Il tema del Covegno segna una pista, un tracciato sulla storia del Perdono come tema spirituale, ecclesiale e sociale. Mette sulla scena i due grandi personaggi del 1200: Francesco d’Assisi e Pietro da Morrone. 

Ridisegno questo percorso nel sottolineare che il Perdono di Assisi era stato compreso da Pietro da Morrone più che da ogni altro. 

Il Perdono di Francesco, in Celestino, si rigenera come “ PERDONANZA” che si caratterizzerà come “Giubileo”. Forse può stupirvi che un francescano presti tutta questa attenzione a Pietro da Morrone. Sono un uomo della Majella e fin dall’infanzia ho respirato l’aria della sua presenza e  ricalcate le tracce nelle sue abitazioni monumentali, gli “Eremi”.Tracce e storia sono tutt’ora evidenti e affascinanti, per turisti e pellegrini. 

Sono un francescano grato a Pietro da Morrone per l’accoglienza riservata ai miei confratelli cosi detti “spirituali” giudicati allora molto negativamente. Erano infatti considerati fondamentalisti, eretici e sobillatori a cui erano riservate carcerazioni e  forme persecutorie di ogni genere.

Alcune centinaia di uomini, desiderosi di vivere la sua esperienza eremitica, seguivano frate Pietro, che  affida  proprio a quei francescani “spirituali” tanto contestati il compito di formatori spirituali di questi  aspiranti eremiti. Tra i formatori è curiosa la presenza di Angelo Clareno, Pietro Olivi ed altri, i quali raggiungevano nascostamente Santo Spirito o Sant’Onofrio, perché scomunicati e perseguitati. 

 Pietro da Morrone li accolse invece sotto la sua protezione, considerandoli “viri probata virtute  consentendo loro di seguire la regola francescana senza altri vincoli se non il cambio del vestito, quale segnale di nuova vita e appartenenza, intoccabile e sotto tutela. Fonda  Congregazione  Fratelli Penitenti dello spirito Santo (Celestini), ne detta la regola e ne sancisce la rigida disciplina.

Già dal nome di questa Congregazione, che sta per affermarsi come la più grande scuola di spiritualità sulla Majella, si intravvedono tutti i segnali della formazione gioachimita di frate Pietro. L’eccezionale tendenza ascetica è infatti certamente ispirata dalla visione escatologica di Gioacchino da Fiore,  quella caratteristica che segnerà la sua vita di eremita e,  da Pontefice,  la riforma della chiesa:  l’era dello Spirito Santo. 

Ritengo frate Pietro uno dei migliori figli di Francesco d’Assisi che meglio ha compreso il suo desiderio di riforma della chiesa e di premura per la salvezza delle anime. 

L’intuizione di Francesco, della Fratellanza Universale, per farsi concreta realtà, aveva bisogno di un amore familiare che ne assicurasse vitalità e sincera unità. Ma questa unità era  disturbata e ostacolata da discussioni, litigi, interessi ed egoismi vari. Ecco allora l’intuizione di Francesco: il “Perdono”. Il perdono continuo, perché l’amore ha bisogno di essere vivificato e corretto continuamente. 

Quando Pietro da Morrone diventerà pontefice con il nome di Celestino V, farà dell’intuizione di Francesco la bandiera, il tema e l’impegno del suo pontificato. Il Perdono prenderà il nome di Perdonanza e la Perdonanza starà a significare il Giubileo.  Nel cuore di Francesco e Celestino ardeva  l’accorato desiderio del Cristo Signore: ut unum sint”. La chiesa, tra lotte e divisioni, non viveva la grazia dell’unità. Questa mancava, questa  vollero affermare.

Un accenno sulla figura di Celestino V

La storiografia moderna ha riportato la figura di Pietro da Morrone ai massimi livelli di stima e onorabilità, prima negate spesso da una tendenza di “damnatio memoriae”. 

Raul Manselli affermerà di lui: “dovremo dire di quest’uomo che ha spaccato la storia della chiesa universale, si dovrà dire – “prima e dopo Celestino V.”   

L’Eremita della Maiella non è unicamente  formato  alla teologia, alla meditazione e alla contemplazione. I suoi continui spostamenti, gli innumerevoli contatti sociali, le realizzazioni di strutture come ospizi, mulini ad accesso popolare, regolamenti lavorativi ci fanno dedurre che la concezione eremitica di Pietro della Maiella non era quella codificata, come comunemente ritenuta, di gente avulsa dalla realtà, staccata dal contesto storico o disinteressata dei problemi della gente.

L’eremita della Maiella si inseriva nel vivo delle dinamiche sociali attraverso una tipologia di evangelizzazione che mirava all’affrancamento dei poveri dai loro “padroni”.

Con la creazione delle prime rudimentali forme cooperativistiche, i poveri scoprivano l’amicizia il benessere che li rendeva autonomi,  alle periferie delle città e conseguentemente, il progresso, 

Celestino va riletto in questo contesto, altrimenti non riusciremmo a spiegarci come mai, ad esempio, nel giro di due tre anni il Gargano si trasforma, vi si innerva una rete di monasteri con al centro la Badia di S. Giovanni in Piano, vi rifiorisce l’economia agro-pastorale e si realizza il progetto di sfruttamento dei suoi due laghi salati per l’allevamento ittico. Fra Pietro, un seminatore di speranza, amato dalle folle della povera gente.

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