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SALVARE LA TERRA, IL NUOVO FINE DELL’EDUCAZIONE

Il limite / 57

Salvare la Terra, un nuovo fine per l’educazione

 

di Raniero Regni

 

La grande questione politica del momento, e l’abbiamo detto più volte e in diversi modi in questa rubrica, non è la pandemia o la guerra. Queste due tragedie che sfidano le nostre vite e inquietano i nostri sonni sono contenute in una più grande, inclusiva sfida, quella del cambiamento climatico legato all’antropizzazione del nostro pianeta.

C’è urgente bisogno di inventare un nuovo modello culturale e sociale, ma soprattutto politico. Sino ad oggi il pensiero politico aveva considerato il mondo umano e la Terra come due entità distinte. La prima era soggetta alle leggi delle scienze sociali, la seconda a quelle delle scienze naturali. Come osservano gli autori del bel Atlante dell’Antropocene (Mimesis, 2021), la nuova era “ci dice che questa distinzione non è più valida…dobbiamo letteralmente concepire una geopolitica in cui la Terra venga concepita come soggetto della politica”. Sì, la Terra come soggetto politico, non più concepito come un oggetto o come un semplice scenario sullo sfondo del quale si svolge la storia umana. Oggi i nazionalismi e i populismi, le politiche imperiali che si contendono il mondo a suon di guerre, ignorano pericolosamente questo nuovo scenario, la nuova era del sistema terrestre.

La politica è spesso e volentieri opposta all’educazione, nel senso che la ispira e se ne serve, mentre l’educazione dovrebbe servire sempre e soltanto l’umano nell’uomo. Ma oggi, la politica non potrà raggiungere i suoi nuovi scopi, ammesso che lo voglia, senza una rivoluzione nell’educazione.

Alla fine degli anni ’90, un grande studioso, un pedagogista statunitense, Neil Postman, scrisse un libro ancora di grande attualità, La fine dell’educazione. Egli sosteneva una tesi su cui dobbiamo tornare a pensare oggi. Perché l’educazione, nel senso più vasto del termine, ed anche l’istruzione scolastica, possa funzionare e raggiungere gli scopi che si prefigge, deve indicare degli obiettivi nobili e trascendenti, alti ideali di grande respiro. Lui li chiama gli “Dei” e sintetizza brillantemente quelli che si sono avvicendati nei secoli passati e negli ultimi decenni. “Senza un racconto, la vita non ha significato – scriveva Postman – senza significato, l’apprendere non ha uno scopo. Senza uno scopo, le scuole sono case di detenzione, non di attenzione”. Quali sono stati sino ad ora questi grandi scopi? Prima il Dio delle religioni. Poi, le monarchie e gli stati moderni, poi le nazioni e le democrazie sono diventate le ispiratrici dell’educazione. Poi c’è stato il Dio della Scienza e poi quello dell’Utilità Economica, e ora quello della Tecnologia e quello del Consumo. Il profitto e il guadagno individuali sono diventati il fine più alto dell’educazione. Ma oggi tutti questi Dei falliscono e cadono. Oggi c’è bisogno di altri punti di riferimento da mettere al centro della scena educativa.

Come osserva lo scrittore islandese A. S. Magnason, “il sistema scolastico deve preparare un’intera generazione a professioni che contemplino la possibilità dell’uomo di coesistere in equilibrio con il fondamento della vita”. Dobbiamo rivedere quasi tutte le redità del XX secolo e riconvertire i nostri regimi alimentari, la moda, la tecnologia, i mezzi di trasporto, tutta la produzione e i consumi. In una parola si tratta di salvare la Terra. Un compito urgente ma anche esaltante dal punto di vista educativo. Un nuovo fine per l’educazione, un nuovo compito per rianimare anche i sistemi scolastici.

La cattiva notizia è che abbiamo poco tempo, la buona notizia è che l’umanità non è mai stata così istruita, così connessa e quindi così attrezzata per l’immenso cantiere collettivo che l’aspetta. Per le nostre città, per la nostra nazione, per l’Europa, questo è il nuovo fine dell’educazione. Una bella bandiera nella tempesta. Segno di una missione e un’appartenenza comuni di popoli, figli della stessa Terra-Patria.

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