HomeLa RivistaCultura&Arte“QUALE ARTE SACRA OGGI?” – NAPOLI 6-7 MAGGIO – PONTIFICIA FACOLTA’ TEOLOGICA

“QUALE ARTE SACRA OGGI?” – NAPOLI 6-7 MAGGIO – PONTIFICIA FACOLTA’ TEOLOGICA

Un importante convegno di studi intitolato “ Quale arte sacra oggi?” A cura della Scuola di alta formazione di Arte e Teologia si tiene a Napoli, il 6 e 7 maggio 2022, presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale.

Il presupposto: Partendo dall’assunto che la vocazione all’arte è intrinsecamente sacra nel momento in cui si confronta con la dimensione profonda dell’uomo e con il suo desiderio di trascendenza, il convegno vuole essere occasione di confronto sul presente e sul futuro dell’arte sacra, in una stretta relazione tra la liturgia e le varie modalità con le quali la società interpreta ed elabora uno dei temi centrali della contemporaneità, ossia l’immagine.

Il contributo di idee avviene attraverso una serie di interventi che coinvolgono varie figure e diversi ruoli  anche del panorama artistico nazionale ed internazionale. Fra gli artisti invitati, Nicola de Maria, Ettore Frani, Giovanni Frangi, Bruna Esposito; concorrono inoltre al dibattito vari gruppi di lavoro nello sviluppo delle tematiche seguenti:

 

Immagine tra idolo e icona;

Quale arte negli edifici ecclesiali?

l’arte liturgica fra passato e presente;

Arte liturgica: tra figurazione e non figurazione;

In che senso l’arte liturgica è luogo teologico? 

Questo tempo di riflessione che la Chiesa, attraverso le sue strutture universitarie, prende per meditare su quale importanza abbia avuto il  contributo dato alla produzione artistica  nazionale ed internazionale e di quanto ora, questo contributo, quando e laddove di manifesta, è quasi sempre espressione di noncurante piatta, pedante, bruttezza, soprattutto nella sua dimensione architettonica.

Il piacevole, il bello, il buono designano tre diverse relazioni delle rappresentazioni al sentimento del piacere e del dispiacere, in riferimento al quale distinguiamo tra di loro oggetti o modi rappresentativi.

Anche le espressioni adeguate a ciascuno di essi, con le quali si designa il compiacimento per essi, non sono le medesime.

Si chiama piacevole ciò che diletta qualcuno; bello ciò che gli piace senz’altro; buono ciò che stima, approva,  in cui pone cioè un valore oggettivo. […]

Si può dire che, tra tutti questi tre tipi di compiacimento, unicamente e solamente quello del bello sia un compiacimento disinteressato e libero, dato che nessun interesse, né dei sensi, né della ragione, costringe all’approvazione.”

Dentro questa logica, al di fuori di pregiudizi formali ed iconografici, può essere trovata la quadratura, mi auguro quindi che i convenuti si  pongano, a caposaldo del dibattito, una domanda : cos’è un’opera d’arte? Che cosa è un’opera d’arte oggi? Quale relazione ha con il credo e il credente?

Si trovano spesso risposte del tipo: è una maniera di sentire, un modo di esprimersi, è ciò che ha voluto dire l’artista a partire dal suo vissuto. In breve, un’opera è uno stato d’animo in un dato momento, è sempre necessariamente l’espressione di un sentimento, di una personalità, eccetera.

Ora, tutto ciò non è falso, ma estremamente incompleto e curiosamente datato, poiché questo modo di pensare, non è che un luogo comune romantico.

Storicamente, vi sono molti periodi artistici in cui il problema dell’arte inteso come strumento di relazione è tutt’altro che quello dell’individuo che si esprime (dall’arte dell’icona all’arte concettuale…). Statisticamente e geograficamente, vi sono una quantità di esempi di arte (greca, bizantina, indù, islamica) in cui la personalità dell’artista è solo quella dell’esecutore non trattandosi di esprimere sé stessi, ma tutto ciò che non è il “sé” – il mondo, il divino, il sacro… Nella dimensione che creare  è sempre di più che esprimersi.

Una rinfrescatina ad alcune riflessioni sull’estetica, con lo sguardo rivolto ad Hegel, ci porterebbe a meditare su qualcuna delle sue considerazioni ancora non superate o contraddette da altro, per esempio la famosa cronologia Arte simbolica-Arte classica-Arte romantica (o ancora, sotto forma di esempi: Arte egizia-Arte greca-Arte cristiana), definite come una ramificazione della triade Arte-Religione-Filosofia, essa stessa esito della triade fondamentale Logica-Natura-Spirito la quale, a sua volta, non è che un’immagine dello schema triadico generale “dell’in sé e del per sé”. Hegel, dunque, si occupa dell’arte quale momento del divenire spirituale che la oltrepassa.

Questa riflessione a voce alta quale premessa per un modesto suggerimento a menti colte e illuminate: quella di non cadere nella trappola succulenta  della diatriba filosofica sull’arte, sulla storia dell’arte, sull’estetica e su tutte le sottigliezze peraltro, già frutto di analisi epocali che, si inseguono scontrandosi e si combattono, a partire dal pensiero di Baumgarten, sino ai giorni nostri.

Un nuovo abbraccio fra le necessità creative della Chiesa e la contemporaneità dell’Arte non può che passare attraverso una conoscenza profonda dei meccanismi culturali che  producono quest’ultima, dove il concetto di creazione e di divulgazione si fondono necessariamente con i linguaggi propri dell’artista; laddove la spiritualità del messaggio sia la rappresentazione estetica, attraverso i materiali di produzione delle varie arti.

Un’occhiata attenta a quanto prodotto negli ultimi cinquanta anni dove, soprattutto alcune brutture architettoniche, potevano essere evitate. per esempio nell’ignorare le direttive costruttive della CEI ( che se curiosi, vi invito a leggere per constatarne la inutile banalità) per leggere invece le indicazioni, paradossalmente più precise e puntuali delle attuali ( tutta l’opera sarà l’origine  dello splendore delle chiese barocche, perfettamente funzionali al culto e magnificamente rispondenti all’epoca di costruzione), di san Carlo Borromeo.

Tutta la bruttura architettonica degli ultimi anni è stata, peraltro, ampiamente rappresentata sulle pagine dei più autorevoli quotidiani nazionali ed internazionali e testimoniata da diverse pubblicazioni: una su tutte “ Costruito da Dio “, di Angelo Crespi  che, ironicamente ama definirsi “un reazionario”, naturalmente al gusto del brutto.

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