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LA SCUOLA “FACILISTA” ALIMENTA LA VIOLENZA

Attualità / 53 

La scuola “facilista” alimenta la violenza…

  Riflessioni con una studentessa

di Sandro Valletta (con Desirèe Martellone)

Il dilagare della violenza giovanile, dentro e fuori della scuola, è preoccupante. Si resta quasi increduli di fronte a certe notizie, come quelle che si rincorrono sulla stampa e che parlano di ragazzi protagonisti di vicende terrificanti, di adolescenti senza scrupoli, scippatori, teppisti ed assassini, spesso in gruppo, pronti ad ogni violenza non solo nei confronti di loro compagni o di persone anziane, ma di persone care e, persino, dei propri genitori. 

Sappiamo tutti che, in molti casi, si tratta di ragazzi cresciuti nella bambagia senza ideali e senza interessi, con tante ore a disposizione, Sono reucci dispotici in famiglie inconsistenti, prone ad ogni lagnoso capriccio, pronti a tutto pur di uscire dalla noia, con licenza di vivere da piccole canaglie irresponsabili. E pensare che qualcuno li reputa tanto maturi da volerli ammettere al voto a sedici anni, per poi, con incredibile giravolta, ritenerli incapaci di intendere e di volere quando ammazzano un coetaneo o un genitore. 

In realtà parecchie famiglie non nascondono angoscia e preoccupazione. Nessuna analisi onesta del degrado morale ed educativo che, attualmente, caratterizza la generazione in crescita può prescindere da ciò che accade nella scuola, dove si scaricano gli sbandamenti delle famiglie e le ideologie imperanti nella società. Il problema si fa sempre più scottante vanificando gli alibi e le spiegazioni puramente sociologiche. Per certi fenomeni che, ormai troppo spesso vanno oltre il bullismo, alcune responsabilità  vanno attribuite indubbiamente anche a coloro che hanno voluto una scuola che  ha smesso di educare i giovani al sacrificio ed al rispetto di sé e degli altri, non li impegna più e li porta a pensarla come un “parcheggio” dove  è possibile praticare l’ozio .

Un sistema malato dove le figure che ruotano intorno a quella che dovrebbe essere una “Istituzione”, perdono il senso della loro missione. Il ruolo del professore è fondamentale per la crescita dello studente e della sua formazione perché deve scoprirne le potenzialità e coltivarle, come un seme in un terreno che va  innaffiato per poter far sbocciare  un fiore che  mostri tutta la sua bellezza. Accade però che a questo fiore vengano recise le radici proprio nella scuola. D’altronde ,  sono troppi i genitori che si relazionano con i docenti dando priorità al “voto” e lasciano in secondo piano la formazione civica, sociale e culturale dei figli. Tra gli alunni infine sono sempre più rari quelli che hanno  voglia di studiare seriamente, di apprendere, di scoprire il mondo pe i quali diventa  prioritario il conseguimento del voto. 

Le tre figure fondamentali, professori, alunni e genitori, con l’andare del tempo, hanno perso il loro ruolo, adattandosi ad un sistema privo di valori. E’ stato travisato anche il concetto di inclusione: anziché offrire modalità diverse per acquisire le medesime competenze si riduce il programma scolastico per facilitare il raggiungimento della sufficienza..  Si “sfornano” menti vuote, che non sono in grado di pensare e di essere libere ma, purtroppo, sono le stesse di  ragazzi che, un domani, ricopriranno ruoli, nella futura società: dal medico all’ingegnere fino al magistrato. Un problema che non riguarda solo il sapere ma che si estende anche a livello socio/educativo. e fa nascere fondati dubbi sull’utilità di questa. Il sapere è fondamentale per ognuno di noi. Più si conosce, più si è liberi: di scegliere, di sbagliare e di rialzarsi e di amare. Solo la storia dirà quante colpe dovranno essere attribuite a tutta la pedagogia progressista che, nel corso del novecento, ha fatto la “grande scoperta” della centralità dello scolaro nella scuola. Verità del tutto solare quasi banalmente ovvia, dato che la formazione dei giovani rappresenta il fine stesso del sistema scolastico, ma disastrosa se diventa folle “puerocentrismo” che mitizza uno stato, per sua natura, destinato alla crescita fisico-psichica, negando agli educatori la possibilità di intervenire a correggere, premiare, punire, indirizzare, i tanti rampolli che, oggi, scorrazzano per l’Italia allo stato brado. Sono tanti i  maleducati e gli ignoranti, perfettamente consapevoli dei propri diritti, ma del tutto ignari di qualsiasi straccio di dovere, pronti ad imporre la legge del più forte o del “branco”. Questi  sono il risultato anche della scuola “facilista” (niente più esami o bocciature, bando ai compiti e all’impegno, enciclopedismo ludico, fioritura di crediti a coprire le carenze di fondo) che ha ridotto il ruolo di gran parte dei docenti a pura assistenza.  Il collegialismo vacuo e parolaio con le sue e sedute di consiglio e collegi asfissianti, i corsi di aggiornamento di puro lavaggio cerebrale, , gli  obblighi bizantini di montagne di documentazione cartacea, hanno svilito la professionalità  docente e trasformato gli anni decisivi dell’apprendimento, della formazione e dell’educazione dei ragazzi in parcheggio irresponsabile, arricchito, per altro, da “vivaci” gite scolastiche, con somma soddisfazione delle aziende turistiche. Questa scuola ha bisogno di riprendersi tutto ciò che le compete, altrimenti finirà nel baratro. E la caduta avrà conseguenze dolorose e difficili da curare…

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