HomeLa RivistaCultura&ArteINTERTWINGLED – ROMA, GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA

INTERTWINGLED – ROMA, GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA

Riportiamo  il contenuto della presentazione della mostra, compreso quello della direttrice del Museo Nazionale di Arte Moderna di Roma e, dopo averlo letto ed averne compreso appieno le intenzionalità, rifletteremo insieme su quanto è stato scritto e quanto di tutto questo, “intenzionale”, si ritrova nelle opere esposte: Everything is deeply intertwingled / Tutto è profondamente intrecciato.

La parola è stata coniata nel 1960 dal sociologo e filosofo statunitense Ted Nelson per esprimere la complessità delle interrelazioni del sapere, dove non ci sono singoli soggetti ma tutta la conoscenza nel suo insieme, fatta di miriadi di connessioni e relazioni incrociate, che non possono essere districate e suddivise ordinatamente secondo un ordine gerarchico, ma devono essere esplose in molte dimensioni. Solo così possono restituire un’immagine di verosimiglianza e un sistema molto più profondo, ricco e ampio che ci consente di visualizzare i collegamenti e le trasformazioni del mondo sotto i nostri occhi. 

Abbracciando questa visione, INTERTWINGLED The Role of the Rug in Arts, Crafts and Design, la mostra a cura di Martí Guixé e Inga Knölke che inaugura alla Galleria Nazionale il 21 marzo 2022, costituisce un unicum sorprendente e propone per la prima volta una lettura affascinante, aperta e dirompente del mondo interconnesso in cui viviamo. Dal Salone Centrale alla Sala delle Colonne e attraverso puntuali rimandi alle opere di Time is Out of Joint, la mostra esplora il tappeto e l’arazzo in campi differenti – dall’arte, all’artigianato, al design – e lo proietta in ambiti più concettuali, stabilendo nuove relazioni che dialogano con idee come il nomadismo, il real estate, le reti visibili e invisibili, i network digitali, l’ipertesto, la decentralizzazione del potere, la narrazione non lineare e il potere insito nel concetto di unione. 

Tappeti e arazzi sono composti materialmente da una moltitudine di fili e nodi che si intrecciano per creare disegni e superfici. Il tappeto, quindi, è al tempo stesso metafora e interfaccia di un dispositivo che mostra-e-nasconde la trama e l’ordito da cui è originato. Tappeti e arazzi possono essere interpretati come modi di occupare lo spazio in senso fisico e metaforico, poiché l’intreccio è anche composto, restando nella metafora, da relazioni politiche, economiche e sociali. La rete come ossatura, come palinsesto, come proto-configurazione di un tappeto o di un arazzo, è anche la proto-configurazione della nostra società e della nostra cultura. Ed è solo adottando questo pensiero sistemico, che si nutre di connessioni, che possiamo comprendere il nostro ecosistema materiale e culturale a partire dalle piccole abitudini, fino alle grandi decisioni. 

Attraverso l’esposizione di oltre 80 opere di pittura, fotografia, design e artigianato, il progetto espositivo di Martí Guixé e Inga Knölke, concepito come un’unica installazione, presenta le sperimentazioni tessili di artisti come Carla Accardi, Antonio Corpora, Gastone Novelli, Bice Lazzari, Antonio Sanfilippo, arazzi che decorarono gli interni delle turbonavi del Novecento, opere come Mappa di Alighiero Boetti, Il sole scucito di Maria Lai, i collage di Eduardo Chillida, Max Bucaille e Jirì Kolar, le pratiche performative di Jana Sterback e Egill Sæbjörnsson, elementi di designer come Marion Baruch, Ettore Sottsass, Aldo Rossi, Alessandro Pedretti, Italo Rota, Nani Marquina, fino ad arazzi, tappeti e fazzoletti di guerra realizzati dalle donne afghane. 

Ebbene  dopo aver letto tutto questo ricco, complesso, condensato intreccio di culture, nel curiosare fra i pezzi in esposizione ci sentiamo arrossire: l’insieme, definito unica installazione, altro non è se non l’esposizione di una serie di manufatti tessili e progetti che, singolarmente, sono delle vere opere d’arte ma, sicuramente per mia cronica deficienza, non sono riuscito a riconoscerle e a respirarle in quell’atmosfera di coinvolgimento spirituale e culturale, abbondantemente aggettivata, che la mostra, definita installazione,  “ afferma” di proporsi. In ognuno dei manufatti è riconoscibile la mano colta dei loro progettisti ed in qualcuno anche quella cifra del linguaggio che ne ha caratterizzato la produzione artistica ma, nel complesso, questo bazar geometricamente organizzato e disposto con gusto, è comunque lontano da quel coinvolgimento sensoriale auspicato dai curatori e ribadito dal direttore della galleria. L’organizzazione del campo visivo, grande contenitore dell’opera- spazio, nel quale la rappresentazione doveva prender corpo, mantiene la sua natura architettonica di “ambiente pre-esposizione” e le opere tessili non altro che elaborati di grandissima qualità a sé stanti, tappeti distesi o arrotolati. 

L’intento della mostra-rappresentazione, sicuramente nobile, ricalca molta di certa espressività contemporanea che, spacciata per arte -installazione, si perde dentro quel contenitore che tutto e niente contiene, ovvero quel fenomeno che realizza opere, solo nel pensiero, argomentate esclusivamente da fiumi di parole che, appunto, tali rimangono, senza mai trovare corrispondenza semantica nella realizzazione del manufatto.

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