HomeLa RivistaAttualità e AmarcordLE CICATRICI DEI GIOVANI…

LE CICATRICI DEI GIOVANI…

Attualità /49

di Sandro Valletta

Sono scolari modello, con lo zaino in spalla, i jeans sbiaditi, l’entusiasmo e l’inquietudine dell’adolescenza. Sono sempre più giovani, hanno amici, una discreta disponibilità economica, genitori apprensivi. E paura. Paura di comunicare emozioni, timore di sentirsi fuori dal gruppo, Sono loro i nuovi alcolisti, che non hanno nulla a che fare con lo stereotipo di chi beve per disperazione o per dimenticare un dispiacere. “Bere” è diventato un passatempo indispensabile, una cerimonia di gruppo, consumata sempre di più tra piccoli uomini che vogliono sembrare grandi. Secondo i dati dell’Osservato­rio permanente sui giovani e l’alcool, il 33 per cento dei “consumatori regolari” ha un’età compresa tra 14 e 17 anni. Un dato che spaventa. Si fa un gran parlare di droga tra i ragazzi, ma pochi si accorgono dell’emergenza alcool. L’allarme è forte, tanto che la Camera dei Deputati, qualche tempo fa, ha varato un provvedimento che vieta gli spot di alcolici prima e dopo le trasmissioni destinate ai minori e al cinema durante gli spettacoli pomeridiani. Gli psicologi del C.R.E.S.T., il cen­tro per i disturbi della persona­lità, confermano l’emergenza: «Negli ultimi anni l’età di chi abusa di alcolici si è abbassata progressivamente. L’alcol aiuta i ragazzi a reggere i pesi emotivi, a non avere “problemi con le ragazze” e a stare in gruppo». Un gioco pericoloso, quello della sbronza serale con gli amici. A volte tragico. E ogni volta quei bicchieri di troppo (mal) celano disagi profondi, il male oscuro di un’intera generazione. Quella di adolescenti che non sanno comunicare tra di loro. Il direttore dell’Osservatorio, spiega che non tutti i ragazzi che eccedono possono essere definiti “alcolisti”, E nemmeno si possono considerare “precursori” dell’alcolismo. Bevono saltuariamente, ma in forma concentrata. Sono vulnerabili alle dipendenze e spesso, infatti, fan­no anche uso di stupefacenti. Ma chi è a rischio? Sempre secondo le statistiche dell’Osservatorio, gli adolescenti italiani sono oltre dieci milioni, il 6 per cento di loro ammette lo stato di ebbrezza: ovvero beve troppo senza ubriacarsi. Meno del due per cento si ubriaca più di una volta in tre mesi. Ebbene gli ipotetici futuri alcolisti sono sicuramente i primi. Ecco il loro identikit: non inseriti socialmente, ansiogeni, depressi, usano l’alcool come un farmaco per lenire i disagi. Non hanno veri problemi, frequentano molte ragazze, dispongono di tanti soldi, fanno troppo di tutto e bevono per comunicare e socializzare. Nella quasi totalità sono maschi. Il loro è un alcolismo che si potrebbe definire “sociale”. Un grido di aiuto di una generazione malata di incomunicabilità. I sociologi dello I.A.R.D., fondazione che si occupa di ricerca sui giovani, spiegano che lo sfogo nell’alcool, più che un sintomo di un disagio nella società, è un’espressione di profonda difficoltà esistenziale. Tutto nasce dal diverso approccio che oggi i ragazzi hanno con gli alcolici. Una volta il bicchiere di vino era soltanto una consuetudine dei pasti in famiglia: il ragazzo così imparava a bere, ma in una sorta di iniziazione guidata. Oggi il primo contatto con la bottiglia si ha in gruppo con gli amici, si beve per gioco in modo incontrollato. I ragazzi non sono preparati per capire le insidie che un bicchiere in più può nascondere. Bere fa sentire grandi, perché si identifica l’alcool con l’acquisizione dello status di adulto, il problema è proprio questo: la non-percezione del pericolo. I ragazzi non intravedono nella birra o nel superalcolico (il consumo di vino è molto basso) la potenzia­le dipendenza. E, invece, l’insidia è proprio lì, subdolamente mescolata alla birra, del sabato sera, all’aperitivo reiterato del venerdì, al superalcolico ingoiato in discoteca, L’alcolismo è “una malattia, progressiva e mortale”. Lo ha riconosciuto, qualche anno fa, l’Organizzazione mondiale della Sanità. Una patologia che si può fermare, ma che è difficile da sconfiggere definitivamente. Le ricadute sono frequenti e ogni volta che si inciampa rialzarsi è più duro. Per questo, anche tutti coloro che chiudono con il bicchiere, non smettono, però, di considerarsi alcolisti, perché quelle cicatrici dovute all’alcool non sono rimarginabili e si portano dentro per tutta la vita…

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