HomeCulturaartiLE ARTISTE POP NELLA COLLEZIONE PERMANENTE DEL REINA SOFIA A MADRID

LE ARTISTE POP NELLA COLLEZIONE PERMANENTE DEL REINA SOFIA A MADRID

Esemplare, nella politica di conservazione del patrimonio storico – identitario. culturale, l’attenzione che il Museo Reina Sofia di Madrid dedica alle donne artiste nel documentarne, appunto, l’identità culturale e di genere. Il percorso abbraccia varie generazioni e ne documenta l’impegno dentro epoche diverse, tutte ugualmente interessanti e sicuramente da visitare.Noi abbiamo scelto di raccontare una parte di questa storia, tutta al femminile, che riguarda quel periodo del moderno, definito comunemente POP  che, nel nostro caso, coniuga la ricerca artistica dentro la poetica di emancipazione femminile.

Le opere provengono dall’ ex MEAC , altro ente spagnolo, dove  sono presenti importanti testimonianze dell’opera di artisti degli anni ’60 e ’70, per lo più opere incorporate come pezzi indipendenti, fuori da qualsiasi intenzionalità che intendesse costruire un percorso o essere la rappresentazione esaustiva delle traiettorie professionali di ciascuno di loro. E’ sorta, quindi, la necessità di una rilettura dell’esistente nell’intento di creare una narrazione che inserisca artisti ed opere dentro i diversi gruppi e movimenti artistici con i quali è stata rilevata la similitudine. Questa operazione  è stata anche l’innesco di una nuova politica di acquisizioni per l’uso espositivo, avviata nel 2008, volta alla ricerca, localizzazione e incorporazione delle opere degli artisti di cui parleremo nella nostra brevissima recensione.

Il tempo culturale a cui le opere afferiscono contempla la onnipresenza del femminismo per questo ampiamente documentata nella Collezione anche da notevoli apporti documentari  attraverso l’incorporazione di tutte le  espressioni artistiche in forma di: opere plastiche, riviste, fotografie, performance, video, ecc. Tutto ciò ha reso possibile l’arricchimento delle letture che, dal punto di vista artistico, intersecano tematiche socio-culturali. A rotazione e in diversi contesti sono state esposte le opere, acquisite dal Museo, tra il 2008 e il 2013, di artisti come Eugènia Balcells, Esther Ferrer, Eulalia Grau, Concha Jerez, Eva Lootz, Fina Miralles, Paz Muro o Àngels Ribé , opere legate alle rivendicazioni femministe e legate anche alle prime esperienze di arte performativa e sperimentale in Spagna.

Fra le altre, la ricerca sulla Fotografia umanistica e il gruppo Afal è stata anche l’innesco di un’importante acquisizione di opere di autori che si occupano di fotografia documentaria come Colita, presente al museo dal 2011, o Pilar Aymerich e Ana Turbau, le cui opere sono state inglobate nell’ambito della mostra Poetics of Democracy del 2018. Le tre fotografe sono diventate esponenti della rilevanza delle rivendicazioni femminili  quali testimoni e allo stesso tempo promotrici del cambiamento.

Nel 2010 è stata incorporata una significativa serie di opere del gruppo Estampa Popular, frutto di acquisizioni e donazioni, in cui sono rappresentati artisti che durante il regime franchista hanno mantenuto un atteggiamento di contestazione critica e di opposizione , tra gli altri, Esther Boix e Ana Peters, quest’ultima legata al gruppo Estampa Popular di Valencia, gruppo riconosciuto capostipite dei gruppi storicamente radicati nella pop art.

EUGENIA BACCELLS

Eugènia Balcells ha fatto un uso ironico delle immagini di uomini e donne nei mass media in Boy Meets Girl e Fin, entrambi del 1978. La scelta di lavorare con supporti riproducibili, meno durevoli e leggeri rispetto a quelli tradizionali, come la serigrafia o il video a volte coincideva con la sua presentazione in contesti non artistici.

                                          

Eugenia Balcells-Ragazzo incontra ragazza,1978.           Eugenia Balcells-Circolo indiano,1981                                                                Eugenia Balcells – Tessere TV, 1985

MARI CORDA

Tra il 1966 e il 1967 Mari Chordà realizza la serie di pezzi Vaginals, che propone una rappresentazione del corpo e della sessualità femminile estranea al voyeurismo, che intende combattere quell’immaginario, rafforzato dai media, con opere che propongono nuove iconografie del corpo femminile.

     

Mari Corda-Joguet per a l’Àngela ,1969                                                                                                     Mari Corda – vaginali,1966.                                                                                                                                               Mari Corda -la vagina grande,1966.

ANGELA GARCIA CODONER

Ángela García Codoñer traduce il piacere e il piacere di scoprire il proprio corpo in Divertimento (1973) o Teta Pop (1973). L’artista ha rotto con gli stereotipi delle donne come esseri belli, sottomessi, senza peso o inferiori, rifiutando le fantasie proiettate dal patriarcato. Questi tagli e disgiunzioni delle figure sono stati contrassegnati da un atteggiamento di autodifesa sia nei confronti della scena professionale e artistica in cui stava cercando di sopravvivere, sia del suo ambiente familiare immediato.

          

Angela Garcia Codoner-tetapop,1973.                                                           Angela Garcia Codoner-intrattenimento,19.     Angela Garcia Codoner- foto di famiglia,1974

EULALIA GRAU

Eulàlia Grau, evidenzia i ruoli delle donne e degli uomini basandosi sull’immaginario dei mass media e li contrappone agli stereotipi restrittivi per entrambi i sessi, il fatto che questi corpi, modellati sulla base di rigidi canoni, Si presentavano per essere consumati. Ha denunciato la discriminazione delle donne utilizzando un immaginario di bellezza e docilità presente nelle riviste e nella pubblicità di cui si è appropriata di formule legate al fotomontaggio per ricontestualizzarlo in scenari legati alla vita quotidiana della maggior parte delle donne spagnole, come in Discriminació de la dona (1977).

             

Eulalia Grau-Temps de lleure (Etnografia) ,1974                         Eulalia Grau -Entre la vida i la mort,197                       Eulalia Grau -Discriminazione delle donne,1977 

ANNE PETERS

Nel 1966, la galleria Edurne di Madrid ha ospitato una mostra di Ana Peters intitolata L’immagine delle donne nella società dei consumi (link al PDF). Con un linguaggio pop ispirato alle opere di Lichtenstein, Warhol e Rauschenberg, ha messo in discussione gli stereotipi della rappresentazione femminile nel contesto della società del tempo, segnata dal consumismo e dai mass media. Con quel linguaggio pop, parteciperà a vari progetti collettivi all’interno del gruppo Estampa Popular de Valencia.

     

Ana Peters, Francobollo popolare di Valencia, 1966.                                                                                                                     Ana Peters, Francobollo popolare di Valencia, giugno 1967

 

PILAR AYMERICH

Il lavoro di Pilar Aymerich si evidenza per la realizzazione di fotografie documentarie e la collaborazione con i media politicamente e socialmente impegnati che hanno contribuito in modo significativo alla resistenza e alle richieste culturali durante il defunto regime franchista. Le sue fotografie di mobilitazioni femministe, delle Jornades Catalanes de la Dona (1976) e della vita delle prigioniere testimoniano il suo ruolo nel movimento femminista degli anni ’70.

      

 Pilar Aymerich,Manifestazione organizzata dal Coordinamento femminista,1977                                                        Pilar Aymerich-Prigione femminile di Trinidad il giorno in cui le monache crociate se ne andarono…1978  

COLITA

E’ l’autrice del fotolibro Antifémina  realizzato a due mani con la scrittrice Maria Aurèlia Capmany. Le autrici hanno realizzato la raccolta di una rassegna delle situazioni critiche in cui si è trovata  la donna  spagnola  presa ad esempio per il racconto della situazione di tutte le donne: vecchiaia prematura, matrimonio obbligatorio, lavoro non istituzionale, religione, prostituzione, emarginazione, sessualità spesso subita, pubblicità equivoca. Il loro lavoro voleva essere di supporto alla richiesta dei diritti, paritari a quelli dell’uomo, per le donne di ogni condizione e ceto sociale nel denunciare, attraverso le immagini e i testi, la loro angoscia dell’esser donna di fronte al persistere dei costumi che vedono la figura maschile spadroneggiare e nell’essere testimoni delle donne che non si adattano allo stereotipo femminile creato dal machismo.

 

 

Colita (Isabel Steva Hernandez)S/T (Copertina del libro «Antifémina»)1976                         Colita (Isabel Steva Hernandez)macellare un corpo, 1965                                                            Colita (Isabel Steva Hernandez)macellare un corpo,1977
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