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QUEL NATALE CON IL PRINCIPE DELLA CHIESA NELLA SUGGESTIVA BADIA DI MONTESANTO

Amarcord/36

 

di Marcello Martelli

In viaggio verso Ascoli ammiro in alto la suggestiva Badia di Montesanto. Nel Natale del 2005 varcai quella porta con l’intera famiglia per il rifugio della solidarietà offerto dal Vescovo-Principe della Chiesa, Ettore Di Filippo (nella foto con Papa Wojtyla), dopo un lutto devastante che ci aveva sconvolti e disorientati. Quella volta capii che, nel dolore, si evidenziano gli spiriti nobili e i valori di persone straordinarie. Come “Don Ettore” sapeva essere, da impareggiabile dispensatore di umanità e conforto. Davvero grande e forte il suo abbraccio natalizio ad una famiglia disperata e, con il sostegno della fede e il calore della fratellanza, aiutata a riprendere un cammino difficile. Questo era, nella sua essenza, il Vescovo Di Filippo, amico indimenticabile, cui mi hanno legato rapporti di lunga ammirazione. La prima volta, giovane cappellano di bordo, lo incontrai su una nave in navigazione verso la Grecia; dopo qualche anno lo ritrovai in America, diplomatico della delegazione vaticana presso le Nazioni Unite. Nel pieno di un’attività intensa e di successo, anche presso una famosa università americana, fu improvvisamente richiamato in Italia dalla nomina papale di vescovo nel Molise. Dove, benvoluto e amato dalle popolazioni, restò fino a quando non si ritirò da emerito nella storica abbazia di Montesanto, a Civitella, trascorrendovi gli ultimi anni della sua vita. Dopo aver promosso in quel luogo appartato numerosi incontri religiosi e di studio, con personalità ed amici che andavano a trovarlo da ogni parte del mondo, attratti dal carisma di un esemplare uomo di fede e cultura. Momenti lieti e tristi mi legavano personalmente all’illustre alto prelato scomparso, che preferiva il semplice “Don” come un vecchio curato di campagna e guai a usare titoli altisonanti. Quel Natale, l’ultimo della sia vita, è rimasto indelebile nella memoria per un personaggio che, con la sua missione umana e religiosa, mi ha dato lezioni di umiltà e fede, saggezza e speranza. Come, ancora una volta, poco prima della sua dipartita, in quella lunga conversazione – intervista televisiva, che è il meglio del suo testamento etico. Anche come documento ultimo della sua cultura, che discendeva soprattutto dalla vita vissuta in mezzo alla gente, ai deboli e ai bisognosi. Anche se non disdegnava parlare ai potenti e ai politici, invitandoli a fermarsi nella suggestiva Badia di Montesanto. Sempre aperta a quanti sapevano apprezzarla come rifugio di pace e preghiera.

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