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SCIENZIATI E GIOVANI ATTIVISTI I PIU’ CONSAPEVOLI I PIU’ PREOCCUPATI

Il Limite/33

Scienziati e giovani attivisti

     I più consapevoli e i più preoccupati

di  Raniero Regni

“Credo che sia un errore portare l’attenzione solo sul cambiamento climatico…è un cambiamento generico, totale e io penso più in termini di una crisi planetaria e mi chiedo come si faccia a chiudere gli occhi… come si fa a scrivere qualsiasi cosa senza tenere in considerazione questa crisi planetaria?”. Così ha dichiarato in una recente intervista il grande scrittore indiano Amitav Ghosh, che i lettori di questa rubrica dovrebbero aver iniziato a conoscere. Siamo alle prese con una straordinaria crisi planetaria, quello che stiamo affrontando, che soprattutto le giovani generazioni dovranno affrontare in un futuro sempre più prossimo, è una convergenza di crisi multiple. Ora siamo in un momento in cui “tutto cambia”. 

Di questa situazione sembrano consapevoli solo o soprattutto gli scienziati, quelli del clima ma anche tutti gli altri studiosi abituati alla ricerca sperimentale, come i biologi e i naturalisti, i ricercatori di medicina o i fisici, come il recente premio Nobel italiano Giorgio Parisi. Il quale, commentando i risultati della Cop 26 ovvero la Conferenza internazionale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici 2021, che si è da poco conclusa a Glasgow, ha sostenuto (vedi il Green & Bleu Open Summit organizzato da “La Repubblica” il 16 novembre) che le previsioni possono evidentemente sbagliare perché “nelle scienze esatte si include l’incertezza dei risultati”. Ma, sempre per ragioni scientifiche, è molto più probabile che le previsioni più pessimistiche siano più probabili per via di quelli che sono i “tipping point”, ovvero quei momenti in cui un fenomeno può accelerare improvvisamente. Il punto di svolta diventa allora un punto di non ritorno. Quando si superano certi limiti un evento catastrofico può accelerare il cambiamento climatico. Una siccità ripetuta può far seccare le foreste più estese del globo, queste possono incendiarsi e quindi, invece di contenere la CO2, aumentarne in maniera esponenziale la produzione. Se si sciolgono le banchise polari questo potrebbe modificare la circolazione delle correnti oceaniche. Se si scioglie il permafrost questo potrebbe scatenare un aumento del cambiamento climatico improvviso innalzando la temperatura ben più di un grado e mezzo. Queste possibilità rendono le previsioni più pessimistiche più probabili di quelle ottimistiche. 

Di questa consapevolezza scientifica non si è tenuto molto conto a Glasgow per questo i risultati dell’incontro sono stati deludenti. Alla fine non si è deciso neanche di mettere al bando l’uso del carbone. Si è discusso a lungo su di una sola frase, “uscire dal carbone”, che alla fine è diventata “diminuire il carbone”. Ma c’era da aspettarselo in un Summit dove erano presenti centinaia di rappresentanti delle aziende energetiche multinazionali e altre imprese. Le strutture geopolitiche consolidate sembrano inamovibili e l’avidità dei soliti noti sembra inarrestabile. È stato un vertice di miliardari e gli interessi delle grandi corporation hanno avuto la meglio. Subito dopo l’incontro, sia il presidente degli USA che quello dell’India hanno autorizzato moltissime imprese ad estrarre più petrolio e più carbone, anche se quest’ultimo in India si trova al centro delle grandi foreste del subcontinente. Nessuna presa di posizione seria per fare marcia indietro. 

Eppure a Glasgow c’erano anche i giovani. Questo è stato forse l’aspetto più positivo. Imponenti manifestazioni con centinaia di migliaia di giovani attivisti per il clima. È evidente che i giovani vogliono riprendersi il futuro e non farlo comandare e condannare da altri che, paradossalmente, non potranno vedere quei tempi che loro invece vivranno. I giovani sono il futuro e loro forse sapranno pensare idee e fare cose, come si dice, “out of the box”, ovvero fuori dal pensiero dominante che ha prodotto il disastrato verso il quale gli adulti al potere ci stanno portando. Noi adulti abbiamo inseguito, assecondato o ci siamo adagiati, in uno sviluppo illimitato e per questo insostenibile. Ai giovani e agli scienziati, all’alleanza tra chi pensa e chi soffre per mancanza di futuro, ma anche agli attivisti, che sono sempre più numerosi e lottano per produrre futuro, spetterà il compito di indicare all’intera umanità una via davvero sostenibile, una civiltà sostenibile ed in equilibrio con la vita sulla Terra. Perché, come ci ha ricordato la scrittrice Margaret Atwood, citando A. de Saint-Exupery, “la Terra non è nostra, l’abbiamo avuta in prestito dai nostri figli, e a loro dovremo restituirla. Questo è il debito che dobbiamo prendere più sul serio”.

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