HomeLa RivistaCultura&Arte“FOREVER IS NOW” NELLA PIANA DI GIZA. UNA MANIFESTAZIONE CHE NON DOVEVA SVOLGERSI

“FOREVER IS NOW” NELLA PIANA DI GIZA. UNA MANIFESTAZIONE CHE NON DOVEVA SVOLGERSI

FOREVER IS NOW è la prima mostra di arte contemporanea ad essere stata organizzata fra le Piramidi nella piana di Giza ed in tutto il complesso archeologico circostante. L’operazione nasce dall’intuito e dalle sicure capacità organizzative e relazionali di una curatrice franco-egiziana, Nadine Abdel Ghaffar, attraverso la piattaforma culturale da lei creata, la Art D’Egypte, fondata nel 2017 e già artefice di diverse manifestazioni d’arte. La mostra annovera, fra i suoi partecipanti, artisti internazionali che, all’interno del progetto, devono con le loro opere, relazionarsi al territorio che li ospita dentro una dimensione culturale che tenga conto della storia millenaria cui si opera e dell’iconicità che, la realtà di Giza, rappresenta agli occhi del mondo: l’obiettivo è fare, dell’intero scenario, un luogo di incontro fra passato e presente, nell’offrire al pubblico spunti di riflessione sulle corrispondenze fra storia antica e contemporaneità. Coadiuvati dalle indicazioni sul percorso espositivo dell’archeologo egiziano Zahi Hawass, sono stati invitati artisti internazionali e locali tra i quali: il russo Alexander Ponomarev; l’americana Gisela Colon; il brasiliano João Trevisan; il francese JR; l’italo-americano Lorenzo Quinn; l’egiziano Moataz Nasr; Sherin Guirguis, artista di origine egiziana, residente a Los Angeles; gli artisti britannici Shuster + Moseley; il britannico Stephen Cox RA; il principe artista saudita Sultan Bin Fahad. La mostra è sotto l’egida del Ministero del Turismo e delle Antichità egiziane, del Ministero degli Affari Esteri egiziano e patrocinata dell’Unesco.

La storia di questa mostra annovera anche la presenza di una scultura realizzata da Ai-Da, un evolutissimo robot dalle sembianze femminili che,  sviluppato in Inghilterra, ha la particolarità di saper disegnare e creare “opere d’arte”. Al momento del suo spostamento in Egitto, prima dell’inizio della mostra,  sia Ai-Da sia la sua scultura sono state bloccate dieci giorni alla dogana dell’aeroporto del Cairo per «problemi di sicurezza». Ai-da è la prima robot-artista conosciuta e realizza le sue opere nell’osservare immagini con l’ausilio di alcune telecamere. Attraverso software dedicati elabora poi le informazioni e le traduce in una serie di movimenti compiuti dalle sue braccia robotiche. Questo condensato di tecnologia è stato sospettato dalle autorità egiziane di essere  lo strumento utile per un tentativo di spionaggio internazionale, e il suo “arresto” è stato la causa di un incidente diplomatico tra le ambasciate di Regno Unito ed Egitto.

La vicenda apparsa sul Guardian, è stata raccontata al giornale dal creatore di Ai-Da, Aidan Meller, un gallerista di Oxford specializzato in arte moderna e contemporanea. Meller ha spiegato che le guardie doganali egiziane hanno prima fermato la robot perché al suo interno c’era un modem, poi per via delle piccole telecamere montate in corrispondenza degli occhi, e strumenti indispensabili all’ osservazione delle immagini e fondamentali per la realizzazione dell’opera. Meller ha detto al Guardian che l’ambasciata britannica ha dovuto lavorare «duramente» per far liberare Ai-Da. L’incidente diplomatico alla fine si è concluso  con il rilascio di Ai-Da e della sua opera, senza ulteriori problemi.

E fin qui…! Se non fosse che la manifestazione si svolge in Egitto tutto rientrerebbe nella normalità…ma si svolge in Egitto! Paese dall’aria pesante, mefitica per noi italiani ed altrettanto dovrebbe esserlo per tutti coloro che amano la libertà, perché è palese che questa operazione di facciata, peraltro cercata e voluta dallo stesso governo egiziano, sia funzionale a quel paese per mostrarsi al mondo come aperto, accogliente e democratico, nell’edulcorazione dei gravissimi comportamenti del governo contro qualsivoglia opposizione.

Viene allora spontaneo domandarsi: ma l’etica di questa operazione volutamente costruita in Egitto, addirittura con il patrocinio dell’UNESCO, dove si nasconde, o meglio ancora CHI la nasconde? L’etica, quell’insieme di norme e di valori che regolano il comportamento dell’uomo in relazione agli altri, inteso come criterio che permette all’uomo di giudicare i comportamenti, propri e altrui, rispetto al bene e al male, appartiene anche agli artisti che vi hanno aderito, oppure questi hanno un senso dell’etica che si modella opportunamente solo sugli eventi?

E’ mai possibile che nessuno di loro abbia sentito parlare della vicenda di Giulio Regeni e del bestiale e brutale trattamento riservatogli dal governo egiziano che, sulla vicenda, ancora oggi, rifiuta qualsiasi spiegazione …oppure la carcerazione forzata dello studente Patrick George Zaky, unicamente reo di aver espresso opinioni divergenti dal regime? L’eccezionalità dell’evento ha sicuramente solleticato la gola agli artisti invitati che, senza riflessione alcuna sulle condizioni politico-sociali che l’Egitto vive, hanno comunque aderito all’iniziativa.

Ma neppure il nostro governo scherza! Intanto, contrariamente a quanto prescritto a proposito di fatti del genere dalla nostra Costituzione, continua a vendere armamenti all’Egitto. come se non bastasse ci si mette anche la sua rappresentanza culturale al Cairo, ovvero l’Istituto Italiano di Cultura, che ha organizzato nel 2019, ad appena dopo tre anni dal martirio di Regeni, la mostra personale di Giorgio Piccaia il quale a sua volta intervistato, senza un problema al mondo, dichiara beatamente «Sono contento di questa opportunità, amo l’arte e la cultura egiziana, la mia ricerca pittorica è in questa direzione, sono affascinato dai simboli di questa civiltà che tanto ha dato all’umanità, e sarà l’occasione per studiare dal vivo le sue forme espressive». «Sto preparando – prosegue Piccaia – un’importante installazione che verrà esposta in un biennale internazionale, il mio viaggio al Cairo è anche per questo»… Secondo l’istituto italiano di cultura il progetto è rientrato fra le iniziative che favoriscono il dialogo interculturaleFa specie che una istituzione pubblica italiana, dopo il trattamento che è stato riservato  alla nazione italiana, sia ancora operante in un paese che non differisce, nei suoi sistemi, da altri talebani ed ancora pensi di potersi confrontare con quel mondo solo di violenza. Quale cultura possa esserci nelle torture, omicidi, imprigionamenti, pedestre sottomissione del mondo femminile, devono ancora spiegarlo a tutti noi… Quindi un dialogo a senso unico che in nome della sua primigenia funzione culturale ha perso di vista la cosa più importante: il rispetto della dignità e libertà del popolo egiziano nell’avallare, pure informalmente, un regime politico solo esecrabile.  

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