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CAMBIARE PARADIGMA , CAMBIARE MODELLO DI VITA

Cambiare paradigma? Cambiare modo di vivere?

Paradigma è una parola in un certo senso aulica e in parte anche tecnica. Parola di origine greca, poi passata identica in latino ed in italiano, deriva da un verbo che significa mostrare, confrontare. Essa vuol dire “modello”, “esempio”.

Così il Dizionario Treccani. Ma tutti noi ricordiamo i paradigmi delle declinazioni latine e dei verbi, rosa, rosaeamo, amas…Platone ha reso famosa questa parola perché paradigma vuol dire anche modello perfetto, le idee platoniche sono paradigmi, modelli perfetti delle cose del mondo. Più recentemente però, in un ambito più tecnico di storia della scienza e di produzione del sapere scientifico, paradigma è stato usato, soprattutto dal grande epistemologo T. Khun, come quel complesso di regole metodologiche, modelli esplicativi, criteri di soluzioni di problemi che caratterizzano, in un certo momento della storia, la comunità degli scienziati. Quando si assiste ad un mutamento dei paradigmi si assiste ad una rivoluzione scientifica che cambia i modi di concepire il mondo naturale. Da quest’ultimo ambito tecnico il termine è uscito per indicare un cambiamento delle basi della conoscenza in ogni settore. 

Quando all’interno di un certo paradigma non si possono più trovare le soluzioni, quando le critiche e le eccezioni crescono, vuol dire che è necessario cambiare il modello. Ma la tesi di Khun era straordinariamente ricca e articolata perché l’evoluzione della scienza non avviene come una pura lotta tra teorie che si combattono eroicamente perché la verità scientifica trionfi. No, intorno ad ogni paradigma si costruisce un establishment, una struttura di potere, spesso accademico ma anche economico, politico, sociale, che impedisce alla teoria nuova di scalzare quella vecchia e sbagliata. La storia della scienza, che andrebbe insegnata di più e studiata di più nel nostro paese, anche perché è un’avventura affascinante, è piena di ricercatori geniali che avevano fatto scoperte vere ma che sono stati ostacolati dai loro colleghi più accreditati e potenti e, spesso, si sono potuti affermare solo quando il potere di un certo establishment è scomparso. All’interno di un paradigma il pensiero, anche ad alto livello, si stabilizza in una vera e propria tradizione, dà vita ad una forma di scienza normale a cui i ricercatori si attengono. Ma poi, ad un certo punto, si entra in una fase in cui la vecchia teoria non regge più, critiche e anomalie fanno entrare in crisi il vecchio paradigma, si entra così nella fase della scienza straordinaria che cambia il vecchio paradigma. 

Questo a livello di storia della scienza, di critica e di crescita della conoscenza, ma si può estendere il termine e il concetto di paradigma anche al più vasto modo di pensare di un’intera società, se non addirittura di un’intera civiltà. Oggi siamo al punto di svolta del paradigma economico e sociale su cui si è costruito l’’Occidente moderno e con esso anche le altre società che lo hanno condiviso. Il vecchio paradigma era quello dello sviluppo illimitato e dell’accelerazione in ogni settore. Una vera ideologia dominante. 

Cambiare paradigma significa cambiare immagine dell’uomo imposta, soprattutto ma non solo, dal liberismo economico come essere egoista che vuole massimizzare l‘utilità personale. Visti i fallimenti del mercato, significa cambiare l’idea di concorrenza economica e di sfida tecnologica. Significa cambiare modo di vedere le relazioni tra gli esseri umani e tra gli umani e il resto del vivente. Da un paradigma individualista dell’autosufficienza umana, che isola i soggetti, bisogna passare ad un più realistico modo di pensare per relazioni e interdipendenze. Tutto nell’ecosistema è connesso. Allora bisogna passare dalle parti al tutto, dagli oggetti alle relazioni, dai contenuti agli schemi. Da forme di spiegazione, a tutti i livelli, di tipo lineare a forme di pensiero e di azione circolare. “La natura è ciclica – ha scritto uno dei grandi rappresentanti del pensiero ecologico come F. Capra – mentre i nostri sistemi industriali sono lineari”. Dalla competizione tra umani e con la natura, bisogna passare alla cooperazione, alla partnership, alla condivisione. Il rapporto tra economia ed ecologia appare impossibile. Esiste una incompatibilità tra la logica della crescita illimitata e l’imperativo ecologico dell’equilibrio. Ma, per quanto difficile, dovremo trovare il modo di dialogare. 

C’è quindi da studiare, da approfondire assieme, da discutere democraticamente all’interno delle diverse comunità umane. Ma poi c’è da agire, da decidere e, soprattutto, da rinunciare. Cambiare modi di pensare non è facile, ma cambiare modo di vivere è ancora più difficile. È nel passaggio dal paradigma al modo di vivere che penso incontreremo le maggiori difficoltà. Ad esempio, come educare generazioni di giovani, addestrati da noi stessi al consumo e intossicati di consumismo, alla rinuncia, all’autolimitazione, alla sobrietà volontaria? Credo che neanche il movimento di Greta Thunberg, così coraggioso, lungimirante e impegnato, sappia o voglia sapere fino in fondo a quali limitazioni dovremo adattarci in un futuro molto prossimo se davvero vogliamo salvare la vita sulla Terra e noi stessi con essa. Eppure, come diceva un vecchio filosofo, “il rischio è bello se la speranza è grande”. Noi dobbiamo pensare in maniera più onesta e radicale, perché comunque dovremo ridurre i consumi ma aumentare la creatività e l’inventiva. Il rischio che stiamo correndo come umanità è enorme, ma comunque sarà una bellissima avventura. 

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