HomeAttualitàUOMINI O ISTITUZIONI? Il ricordo di Antonio Verini del suo vecchio amico Enea Di Ianni

UOMINI O ISTITUZIONI? Il ricordo di Antonio Verini del suo vecchio amico Enea Di Ianni

di  Enea Di Ianni

E’ inscindibile il rapporto tra uomo e istituzioni.

Le Istituzioni sono il frutto dell’attività “produttiva” dell’uomo nel senso che sono frutto della sua creatività: sono pensate, ideate, immaginate e poi realizzate, gestite, corrette, integrate dagli esseri umani che, spesso, sono anche gli artefici del loro decadimento.

Le Istituzioni nascono per migliorare la qualità della vita, per agevolare i percorsi di sviluppo, per favorire lo star bene e lo star meglio, per promuovere la socialità e la solidarietà umana, professionale e lavorativa. Insomma per poter vivere meglio la propria esistenza nel privato e nel pubblico.

Ogni istituzione nasce per il perseguimento di finalità ed ha a che fare con delle regole da osservare. Diciamo che l’essenza di una istituzione non è solo porre delle finalità, ma anche quella di imporre regole di comportamento da osservare.

Negli anni ottanta il mondo scolastico si ritrova in mezzo ad un fermento ideale-pedagogico che vuole e reclama cambiamento di metodi e nuovi stili educativi, nuovi modelli di organizzazione della didattica e del tempo-scuola; reclama, a ragione, strumenti e stili educativi nuovi, freschi, agili.

Si domanda, da più parti, una rivisitazione dell’istituzione “Scuola” in chiave più moderna, più adeguata ai tempi ed al vivere degli studenti,

Le prime avvisaglie del cambiamento, in quegli anni, si registrano già nell’oggettistica scolastica, nell’esteriorità, quella che fa da corredo alla scuola. Lo zainetto rende obsoleta la cartella, prolifera e affascina l’apparizione dei quadernoni ad anelli e a questi si accompagnano, novità paradisiache per gli studenti (ma credo anche per i docenti…) le penne con inchiostro che si cancella e sboccia sul mercato delle cartolerie il “bianchetto”.

Poteva continuare ad avere senso, ancora, una scuola che fondava il proprio valore sulla severa distinzione e catalogazione degli errori (quelli marcati in blu e quelli in rosso), sul non potersi aiutare tra alunni, sull’apprendimento mnemonico, sul non poter cancellare niente di quanto già scritto anche se ci si accorgeva, da soli, dell’errore?

In quegli anni prendono vita, in ogni regione, gli I.R.R.S.A.E. (Istituto Regionale di Ricerca Sperimentazione Aggiornamento Educativo), istituti che hanno un compito importante e preciso: favorire e supportare il processo di autonomia e innovazione didattico-metodologico “nella” e “della Scuola. Della Scuola e nella Scuola come istituzione, ma anche delle scuole e nelle singole scuole come realtà territoriali. L’attività degli I.R.R.S.A.E. si poneva davvero come risorsa locale – nello specifico regionale! – nell’affiancare le istituzioni scolastiche, tutte, e quindi gli insegnanti, nell’ approccio ad un nuovo stile educativo, quello votato all’autonomia didattica, alla progettazione curriculare ed alla sperimentazione educativa. Si partiva muovendo da un fermento formativo sollecitato e accompagnato dall’attivazione di tanti momenti di aggiornamento, confronto, verifica e col coinvolgimento, davvero forte, del personale docente e dirigente in servizio nelle scuole di ogni ordine e grado.

In quegli anni (1983, 1984, 1985…) a guidare l’I.R.R.S.A.E. d’Abruzzo c’era Antonio Verini, il professore Antonio Verini. Ci eravamo conosciuti all’Università degli Studi dell’Aquila, lui già insegnante di ruolo, io studente; poi ci eravamo ritrovati, insegnanti entrambi, nel Sindacato Cisl Scuola (si chiamava SINASCEL). Da allora il rapporto professionale ha ceduto il passo all’amicizia, a quella vera, fatta di vicinanza affettiva, di condivisione di percorsi e di sostegno reciproco ogni volta che ce ne fosse bisogno.

L’immagine di lui nei momenti di formazione I.R.R.S.A.E. è quella dell’uomo di scuola disponibile al colloquio, sempre pronto ad ascoltare tutti e con tutti educatamente calmo e cordiale. A volte poteva sembrare distratto, ma non lo era: stava solo cercando, mentalmente, una soluzione al quesito che gli veniva posto dall’interlocutore.

Al suo pensionamento da Dirigente scolastico, osservandolo mentre ringraziava noi colleghi, lessi nel suo viso la stessa espressione di quando concludeva un percorso di formazione e aggiornamento: una velata malinconia per ciò che finiva e già uno sprizzo fugace, un tentativo di proiezione in avanti, come a voler cercare l’appiglio per un nuovo percorso.

Uomo e istituzioni, quale rapporto? Un rapporto forte, una osmosi perché molti di noi, nelle cose che fanno, portano dentro quello che veramente sono.

Antonio Verini aveva portato nell’I.R.R.S.A.E. d’Abruzzo degli anni ottanta l’entusiasmo, la voglia, la determinazione dell’uomo di scuola che ama la scuola, ma anche la lungimiranza del sindacalista che, di fronte a problemi e debolezze, sa di doversi muovere “facendo” e non solo “dicendo”.

Quanti insegnanti in quelle tornate di formazione professionale, quanto fermento culturale, ma anche tanta sana e impensata goliardia nei momenti di relax serali.

Due note al pianoforte bastavano a sortire l’effetto: si creava, spontaneamente, una coralità così vera, così gradevole ed affiatata che avrebbe accompagnato, nei giorni a seguire, ciascuno di noi nel ritorno alla quotidianità stimolandoci a parlare ai colleghi di quella esperienza.

Li avremmo contagiati col nostro entusiasmo, ma anche col nuovo che avanzava, rendendoli curiosi ed interessati a provare. Così crebbe la formazione della scuola abruzzese, così nacquero tanti rapporti e amicizie professionali, si avviarono contatti, confronti, verifiche.

Fu la stagione di una Scuola buona davvero e avviammo, sul campo, l’autonomia scolastica, senza sproloqui e senza strombazzamenti.

Dopo Antonio Verini, il soffio dell’I.R.R.S.A.E. si è andato affievolendo1, anche il suo nome si è abbreviato: solo I.R.R.E., niente più “S” di Sperimentazione e “A” di Aggiornamento. Come a dire che, fatte una volta, la sperimentazione e l’aggiornamento possono bastare per sempre.

Antonio Verini da qualche giorno ci ha asciati, ma solo fisicamente.

Nelle tornate di formazione, ogni volta che intonavamo “Penso che un sogno così non ritorni mai più…”, dovunque fosse, in sala o nelle adiacenze, si liberava dall’ interlocutore per raggiungerci, puntuale, e giusto in tempo per unire la sua voce alle nostre e ritrovarci uniti, tutti, nella chiusa corale di quel “Volare, oh oh… cantare oh oh oh oh… Nel blu dipinto di blu.. felice di stare lassù … con te!”

Anche oggi, anche domani e poi domani ancora saremo con Antonio e con “quella

I.R.R.S.A.E. grati e felici per una esperienza indimenticabile e che ci ha convinti, se ancora non lo fossimo, che le istituzioni le fanno gli uomini e camminano con gli uomini, con la testa e col cuore degli uomini. Grazie, Antonio.

1 Art. 21, comma 10, della legge 15 marzo 1997 n. 59, e poi Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, art. 76.

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