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LIMITI: NOTE A MARGINE DI DUE POESIE DI J. L. BORGES

Limiti

C’è un verso di Verlaine che non ricorderò più,

c’è una strada vicina ch’è vietata ai miei passi,

c’è uno specchio che m’ha visto per l’ultima volta,

c’è una porta che ho chiuso sin alla fine del mondo.

Tra i libri della mia biblioteca (ecco, li guardo)

ce n’è qualcuno che non aprirò più…

Il grande scrittore, poeta e traduttore argentino J. L. Borges (1899-1986), un “teologo ateo” come è stato definito, ha affrontato spesso nella sua sterminata opera, che avrebbe meritato tante volte il premio Nobel, il tema del rapporto tra l’infinito e il tempo. È il tema del limite e dei labirinti del tempo. Non a caso al limite dedica due poesie in due raccolte una, L’artefice, del 1960, quella con cui abbiamo aperto questa rubrica, e un’altra contenuta in L’altro, lo stesso del 1964, sulla quale chiuderemo.

Il tempo, e solo il tempo, è la sostanza di cui siamo fatti, oppure, da qualche parte si annida in noi l’Eternità? Ho ripensato a questi versi ad un anno di distanza dalla morte del mio carissimo amico Gianni, il più antico, con cui ho condiviso molto, dalla scuola dell’infanzia fino all’università. Lui, con la sua formidabile memoria, andandosene, si è portato via anche una parte di me, di cui io stesso non ricorderò più nulla. Quando l’ho salutato per l’ultima volta non sapevo che non ci saremmo visti più in questa vita. È un pensiero terribile, che chiudendo quella porta e discendendo quelle scale avrei fatto quei gesti per l’ultima volta, fino alla fine del mondo. È un abisso spaventoso quello in cui Borges ci dice di guardare, è il gorgo della morte, della caducità e vanità.

Niente sembra resistere al tempo, tutto sembra ripeterci che presto moriremo e saremo dimenticati.

Ma, paradossalmente, è proprio questo che rende prezioso ogni incontro, ogni persona, ogni esperienza, che in quanto tale, è sempre unica, una volta è per sempre, e una volta e per sempre. È la finitudine che rende preziosa la vita, ogni vita, per il tempo che le è concesso e per la promessa di Eternità che essa possiede. È per questo che dovremmo vivere con più intensità e grazia ogni istante. Sono proprio i limiti di cui parla Borges che paradossalmente impreziosiscono l’esistenza umana. E questa finitudine e quei limiti dovrebbero renderci più saggi, dovrebbero convincerci a vivere la vita nella maniera migliore possibile, non al servizio dell’io ma forse degli altri e di quel Totalmente Altro.

Limiti

Di queste vie che scavano il ponente,
Una certo (non so quale) ho percorso
Ormai l’ultima volta, indifferente
E senza sospettarlo, sottomesso

A Chi prefigge onnipotenti norme
E una misura rigida e segreta
Alle ombre, ai fantasmi ed alle forme
Che tessono e che disfano la vita.

Se per tutto c’è termine e c’è regola
E ultima volta e per sempre ed oblio
Chi potrà dirci a chi, in questa casa,
Senza saperlo abbiamo detto addio?

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