HomeCulturaPREMIO TERAMO: COME FARLO E VALORIZZARLO CON IL “MODELLO DRAGHI” SENZA BUTTARE SOLDI DALLA FINESTRA

PREMIO TERAMO: COME FARLO E VALORIZZARLO CON IL “MODELLO DRAGHI” SENZA BUTTARE SOLDI DALLA FINESTRA

di Marcello Martelli
Siamo sempre in attesa di un dibattito, una conferenza o una tavola rotonda per capire come faremo per spendere “presto e bene” i fondi del Recovery Fund. Qui sono di moda presentazioni di libri e passerelle varie, menando il can per l’aia. In programma anche “aspettando il Premio Teramo”, ospite d’onore Donatella Di Pietrantonio, gettonata scrittrice di casa nostra. Servirà per dare una spinta alle vendite di un romanzo già ai vertici delle classifiche. Nell’occasione, sarebbe importante avviare un confronto con al centro quesiti ormai annosi: a che serve oggi il “Premio Teramo? Come dovrà essere per tornare utile alla cultura e al territorio? Qualcuno ha detto che gli scrittori si dividono in due categorie: persone produttive e vincitori di premi letterari. Aggiungo che forse è il momento di dare una mano a quelli della serie A. Penso al premier Draghi e dico che c’è urgenza di ricostruire l’offerta per un “turismo con cultura & arte di qualità”. Che qui ora non c’è, ma dobbiamo averla una proposta per tornare a competere sul mercato delle vacanze e del tempo libero. Insomma, occorre un cambio di passo per mettere in sintonia ogni entità territoriale con la “linea Draghi”. Più che un fatto nuovo, è una necessità per fare il bene del territorio e incassare i fondi europei. Subito e tutti. Anche quelli per il nostro orticello. Ma per averli urgono progetti credibili e produttivi. A cominciare dalla Cultura, importantissima leva “per fare turismo”, come del resto nel Bel Paese già succede. Senza dimenticare la sua storia prestigiosa, per il “Premio Teramo” s’impone un “maquillage” rigenerante. Magari approfittando del contributo della scrittrice Di Pietrantonio, come di Antimo Amore, Simone Gambacorta e altri illustri personaggi edotti e “informatI dei fatti”. Nel senso che sanno della fitta “selva oscura” dei premi letterari, spalmati su tutto il territorio nazionale per rendere impraticabile l’affollato mondo degli scribi. Si contano 1.800 premi e c’è da perdersi. Né è possibile continuare a buttare soldi pubblici, se le rimpatriate dei premi non servono per promuovere le città e la letteratura di qualità. Pensate: il problema è emerso recentemente persino allo “Strega”, accusato di essere appannaggio delle principali case editrici. Una “contaminazione” che per il Teramo non si è mai posta.
Anzi, ha sempre pagato la scarsa risonanza sui media nazionali, per l’assenza dei grandi dell’Editoria. Quando ero a “Il Tempo”, ogni volta sudavo le proverbiali sette camicie per far passare una notiziola con i vincitori del “Teramo” sulla Terza di Enrico Falqui, famoso grande cerbero della critica letteraria del ‘900. Anche se il “Teramo” dei tempi di Giammario Sgattoni si distingueva per una giuria dominata da giganti del mondo letterario, che premiavano una Edith Bruck ai primi passi. Ma in questi anni -prendiamone nota- ha perso quasi tutti i pezzi e il prestigio d’un autentico “marchio di garanzia”. Ecco: su come dovrebbe essere oggi un premio letterario per mettersi in salvo dalla “selva oscura”, il discorso e il confronto potrebbero partire proprio da qui. Buon lavoro! (Nelle foto: Diego Valeri, presidente della giuria, e una giovanissima Edith Bruck).
 
 

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