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ANGELINO FIORI, SEGNI SOSPESI

In un caldissimo pomeriggio d’agosto incontro, Angelino Fiori, nel fresco del suo studio di Osilo.

Ci conosciamo da sempre. E’ stato uno dei miei insegnanti all’istituto statale d’arte di Sassari dove, per oltre vent’anni d’anni, ha insegnato decorazione pittorica. Una materia quasi desueta ai giorni nostri che, la contemporaneità, ha saputo intelligentemente resuscitare e far propria, nella sua dimensione del fare artigiano contenuto da quella manualità colta che, nel suo esplicarsi, costruisce l’opera d’arte. Una serie di circostanze casuali, intrecciate fittamente fra di loro, hanno regalato ad Angelino l’opportunità di vivere una stagione della sua esistenza, a cavallo fra due mondi: la scuola d’arte di Figari con tutti i suoi registri linguistici legati alla tradizione della tarda scuola tedesca di fine ottocento e… all’improvviso,  Mauro Manca! Pittore, innovatore, rivoluzionario e sanguigno decisionista che, si insedia alla direzione dell’istituto d’arte di Sassari e, nell’esercizio delle funzioni che gli sono  proprie, non metaforicamente, butta l’acqua col bambino. Impone una didattica in sintonia con le ricerche della contemporaneità di allora, infischiandosi allegramente della quantità industriale di proteste e denuncie, da parte di un corpo docente, non preclusivamente indisposto verso la contemporaneità, ma ancora non pronto e titubante ad accettarla, arroccato com’era dentro la ferrea convinzione della assoluta bontà della propria storia culturale e didattica; corpo docente, sicuramente, anche disposto ad accettare la gradualità del passaggio attraverso una qualsiasi forma di condivisione, sennonché, questo meccanismo, non era certamente nel carattere e nelle corde di Manca. Dentro questa vandea, fra passato e nuovo presente, si è formato Angelino Fiori che, di questa esperienza, ha fatto tesoro nel saper cogliere gli aspetti migliori delle due scuole: la sapienza pittorica, quella della bottega all’accademia di Figari e l’innovazione linguistica della scuola di Manca; il tutto integrato da un soggiorno biennale in Germania dove entra in contatto con il mondo della stampa serigrafica che, con una cifra assolutamente personale, da una quarantina d’anni, usa privilegiandola, quale strumento pittorico principale della sua produzione artistica. 

Se non ricordo male, la tua prima vera uscita ufficiale come artista, a parte le scaramucce giovanili, quali la partecipazione alla collettiva di Dachau o a quella locale di Portotorres dove, peraltro, ottenesti un premio,  è stata quella della BIENNALE DI ARTI FIGURATIVE di Nuoro, nel 1967, organizzata dall’indimenticabile Sandra Piras titolare della galleria CHIRONI 88, selezionato fra una marea di artisti importanti provenienti da tutta Italia che pure, in mezzo a polemiche anche violente, non furono ammessi a partecipare. 

Si, è così. Dovresti ben ricordarlo: anche Tu eri stato selezionato, fra le stesse polemiche, non come allievo ma come artista… Peraltro, come era solito fare, pur senza mai palesare apertamente il proprio pensiero, era chiaro che, Mauro Manca, volesse mostrare al territorio che, provincialmente, lo osteggiava ignorante, il senso del suo progetto artistico e didattico nella scuola. In quel frangente di tempo, era il 1967, venne promossa una sorta di mobilitazione, fra docenti e allievi, perché le forze migliori della scuola mostrassero, in una manifestazione artistica nazionale, le loro capacità. Fu un’occasione splendida nella quale, il dipinto che avevo scelto di esporre, ricevette il terzo premio per la pittura ma, sopratutto perché si costruirono i presupposti di un rapporto di lavoro futuro dove, Sandra Piras, avrebbe avuto un posto di grande rilievo.

La morte di Mauro Manca colse tutti impreparati: era venuto a mancare il timone e la scuola era rientrata nell’ambito della più banale normalità. Dopo un po’ di anni di questa dieta indigesta, il pittore e docente della scuola, Aldo Contini, promosse un dibattito che coinvolse la parte più sensibile e colta della docenza dell’istituto statale d’arte di Sassari, dando vita al GRUPPO DELLA ROSA, da lui definito di marca concettuale.

L’aggregazione funzionò per diversi anni nel promuovere un ciclo di mostre nel territorio e la partecipazione ad un dibattito culturale, in amichevole contrapposizione, con un’altra associazione di artisti, ARTE E SOCIETA’. Il dibattito si poneva, come interrogativo, quale dovesse essere la funzione dell’Arte: l’arte come strumento di produzione dell’arte per l’arte, oppure contenitore e propulsore di istanze sociali?…Mah! Le amichevoli diatribe, non sempre in punta di fioretto, alimentate anche dalla presenza costante di Marco Magnani, che si consumavano, incontro dopo incontro, non hanno mai trovato soluzione o dato risposte nelle serate passate a discuterne al BASILISCO, la galleria del pittore Francesco Tanda, anche lui sempre presente e carico di sottile ironia verso tutti i presenti, coronate, alla fine, da gustosissimi aperitivi serviti al Mokador. In quel periodo ero riuscito, finalmente, ad attrezzare il mio primo studio ad Osilo, installandoci anche un torchio da stampa serigrafica con il quale avevo incominciato a produrre stampe d’arte…L’incisione, la stampa hanno il potere di farti innamorare e, come un’amante gelosa ma irripetibile, di farsi seguire sino quasi alla perdizione. Così è stato ed è, tutt’oggi. La passione per la produzione di opere, in forma di pezzi unici, proprio attraverso la serigrafia, mi perseguita.

A tutto ciò arriveremo fra un po’. La tua idea iniziale era probabilmente quella della creazione di un piccolo laboratorio di grafica pubblicitaria con annessa la possibilità della stampa serigrafica. La scuola incominciava a starti stretta, non soddisfaceva più le tue pulsioni artistiche e probabilmente anche l’ambiente, in quel periodo, non era stimolante anche se ricordo, di quegli anni, una visita nel laboratorio dove tenevi lezione, attorniato dagli allievi, incantati dalle esperienze pittorico-grafiche, che eseguivano su tua indicazione e sotto la tua guida.

E’ vero, è stato un periodo particolare. La scuola dopo la morte di Mauro Manca aveva perso tutte quelle attrattive che l’avevano resa unica. Nel frattempo mi era stata affidata la direzione del laboratorio di decorazione pittorica e, in questa nuova veste didattica, avevo provato a sviluppare un insegnamento consono al periodo che vivevamo e vicino a quelle che pensavo essere le istanze della ricerca artistica, nel tentativo di coniugare insieme pittura e progetto, anche attraverso l’uso della serigrafia. Nello stesso periodo, sfumata l’attenzione concettuale e messa da parte la figurazione che ne era seguita, cominciò a germinate l’idea di uno spazio, articolato dalla sovrapposizione di strisce di tela sovrapposte e colorate che, gestite nella sua dimensione di quadro, fu l’origine di una serie di lavori di diverse dimensioni, sviluppati principalmente attraverso la serigrafia e, in alcune parti della superficie, graffiate e incise da segni sottili; più avanti, anche da cuciture colorate fatte con la macchina da cucire. 

   

Ricordo perfettamente anche perché, questo periodo, originò tre mostre importanti. Le due che facemmo insieme, organizzate come due personali contemporanee: Piccole invasioni, al Centro Forme di Alghero – Cortine e Cromogrammes, alla galleria La Bacheca di Cagliari, Segni d’autore in Sardegna, a cura di Filiberto Menna, rassegna e ricognizione di artisti che si servivano della stampa d’arte, organizzata dalla stamperia l’AQUILONE di Rosanna D’Alessandro a Cagliari. 

Un periodo di lavoro intenso dove anche l’attività espositiva incominciava, finalmente, a svilupparsi con successo: quelle tre mostre ebbero un notevole apprezzamento di critica e pubblico oltretutto, l’anno precedente, si erano rinsaldati i rapporti con Sandra Piras che ci aveva voluto nella grande esposizione XXV ANNI DI RICERCA ARTISTICA IN SARDEGNA, organizzata con il critico d’arte, Salvatore Naitza, nelle sedi di Nuoro e Cagliari e, tutta un’altra serie di mostre organizzate in tutta Italia. L’anno successivo, la mostra alla galleria comunale di Cagliari, AD COLUMNAS ANTAS, inventata dal critico d’arte Giorgio Pellegrini, ci vide attraversare il mare per approdare a Strasburgo, dentro i prestigiosi ambienti dell’Hotel de Ville.

Il rapporto con Sandra Piras originò effettivamente la partecipazione ad eventi d’arte importanti e fu anche promotrice della stampa di diverse cartelle di incisioni, di solito a più mani,  tirate in parecchi esemplari che girarono dappertutto. In questo periodo cominciò anche il rapporto di collaborazione con la Casa Falconieri che, se non ricordo male, iniziò proprio con una collettiva dal titolo OMAGGIO A PIERO DELLA FRANCESCA.

E’ il momento nel quale le esperienze pittoriche di piccolo formato, le garze, acquistano dimensioni importanti e la stampa serigrafica si miscela all’uso del collage attraverso l’applicazione di strisce di stoffa colorate, per tintura in vasca e, successivamente, incollate sulla tela. Molte di queste esperienze vengono esposte a Madrid, nei padiglioni della feria di ESTAMPA, dentro lo stand organizzato dalla Casa Falconieri, dove il pubblico manifesta grande interesse per il lavoro dell’intero gruppo di Artisti invitato.

La collaborazione con Casa Falconieri dura una decina d’anni e si concretizza, come abbiamo appena accennato, sopratutto con una serie di partecipazioni alla Feria International di Estampa, a Madrid. In questo periodo, oltre alla quantità di serigrafie prodotte per le manifestazioni che si susseguono, nasce la sperimentazione sul cartone ondulato.

Fu un’intuizione legata al rapporto privilegiato che mantengo con il mondo dell’artigianato e del costume: le nostre donne vestivano normalmente e, non solo per le feste, delle gonne lunghe sino alla caviglia, plissettate, capaci di originare nei movimenti sinuosità e riflessi  stampati indelebilmente nella mente. Da lì, la sperimentazione dei cartoni ondulati che, opportunamente manipolati, mostravano il loro rigaggio caratteristico. Pressati e stampati, sotto il quadro serigrafico, assumevano il valore della plissettatura delle stoffe, dove la plasticità, anche pittorica,  accentuata dai bagni di colore e modellata nelle forme volute, si rivelava solo nella completa asciugatura dell’opera.

A proposito di artigianato stiamo dimenticando un importante momento condiviso nel quale Osilo, guidata da un sindaco intrapprendente e lungimirante Paolo Pinna, fa proprio un nostro progetto dedicato alla realizzazione di gioielli con metalli preziosi e pietre dure, nell’intento di valorizzare il patrimonio lapideo del territorio.

Quel momento ha visto, per Osilo, la possibilità di diventare un centro veramente importante dove potevano focalizzarsi e svilupparsi le sue peculiarità paesaggistiche, climatiche e del prodotto locale. Si sarebbe innescato un processo culturale che, nelle globalità del progetto, avrebbe veicolato l’attenzione verso questo centro. In questo contesto nacquero allora, nella chiesa sconsacrata del Rosario, due manifestazioni, successive una all’altra, in anni diversi: NUOVE TRADIZIONI e I GIOIELLI DI VINCENZO MARINI. Se ricordi furono giornate di intenso lavoro, ma anche divertenti, allestimmo la mostra che vedeva l’esposizione di inusuali bottoni in pietra realizzati da Te; le sperimentazioni sui tessuti eseguiti, su mio progetto dalle tessitrici locali, dove si miscelavano filati di pregio con la lana di produzione locale, mostrando tinture, accoppiamenti  sperimentali, soluzioni formali innovative; i gioielli di Vincenzo Marini, a cavallo fra sperimentazione e innovazione delle forme della tradizione. Successo assicurato!… Decretato dall’affluenza di un pubblico numeroso ed eterogeneo, sancito dalla presenza della Rai che, diede alla manifestazione, un rilievo notevole anche nazionale. Tutto questo favorì un’attenzione particolare che si riversò sul paese, foriera anche della nascita di iniziative di pregio fra le quali, un laboratorio per lo studio, la sperimentazione e l’applicazione delle bio-tecnologie, l’istituzione di un corso per design orafo finalizzato all’uso e alla lavorazione delle pietre dure.

Questi rapporti e collaborazioni, sviluppate su più fronti, ci hanno fatto incontrare e conoscere artisti importanti e hanno consentito, in questi anni, anche qualche avventura che, pure legata al lavoro, si è rivelata particolarmente piacevole.

So a cosa vuoi fare riferimento – parli della mostra MUELLE DE LAS CARABELLAS, AL PUERTO DE LAS ARTES. Esposizione straordinaria per la bellezza degli ambienti espositivi e per suggestione che suscitava. Organizzata dall’università di Santa Maria della Rabida a Huelva che incorpora il vecchio convento dove, Colombo, aveva aspettato con pazienza che, Isabella di Castiglia, gli fornisse i permessi ed i mezzi per la sua avventura nelle Indie – Complesso dove, oltre alla nostra esposizione collettiva, tenesti una Lectio magistralis sui Contenuti della didattica nella produzione artistica, invitati dal dott. SAMIR ASSALEH, incisore, pittore e titolare della cattedra di Didattica sperimentale, applicata alle Arti. 

Quella che mi è rimasta davvero cara e impressa nella memoria è stata, però, la nostra andata in Marocco, a Iffitry, una località che prendeva il nome da una Santa mussulmana, dove la scoperta di quella parte di paese che abbiamo visitato, che per molti versi aveva il sapore delle favole, e nel quale abbiamo prodotto opere, è indelebile. Invitati speciali da Said Messari, un’artista marocchino di grande valore che vive a Madrid, siamo stati ospiti in un complesso architettonico da favola, letteralmente spiaggiato sulla costa, a pochi metri dal mare, con una ospitalità culinaria deliziosa che ci è stata, in maniera esclusiva, destinata sotto la supervisione di un giovane cuoco, capace di manicaretti indimenticabili. E’ stato importante anche l’incontro con molti artisti marocchini dei quali ho apprezzato le capacità, nel loro lavoro, di vedere coniugata la contemporaneità con la tradizione. Dentro questo contesto la mia opera ha avuto un ulteriore momento di riflessione che ha originato uno spazio, organizzato come una biblioteca dentro la quale, pensieri in forma di segni e campiture pittoriche raccontano gli Infelici che, disperati, si avventurano nel Mediterraneo alla ricerca di una vita dignitosa, impossibile nei paesi di provenienza. Questo annoso, doloroso, problema è l’origine e l’ispirazione di  una serie di mie opere, iniziate proprio ad Iffitry, intitolate LA PREGHIERA DEGLI ESULI. Le opere prodotte in quel frangente, sono state esposte nella prima Biennale d’Arte di Casablanca.

       

Oggi questo tema ha visto sviluppi formali differenti.

Si. La necessità di dare volume e spazi diversi alla visione di questi esseri che, costretti ed incuranti dei pericoli a cui vanno incontro, continuano a sfidare la sorte, mi ha fatto immaginare un campo visivo articolato in ambienti, un contenitore suddiviso in spazi più piccoli, come succede per una cassa tipografica che contiene ordinatamente i caratteri suddividendoli, cosi il mio è diventato il mare che li contiene nella vita e nella morte, depositati dentro caselle che abitano, ostaggi della sorte. I libri inseriti che raccontano, a futura memoria, le storie di vita di ognuno di loro, leggibili solamente attraverso il linguaggio del segno plastico e pittorico, affiancano le forme umane che, candide, si stagliano sul fondo scuro che le contiene,…Fa capolino qua e là qualche bagliore di foglia oro.

                       

La serata è volata, la nostra chiaccherata è terminata. Ringrazio Angelino per la sua ospitalità.

fiori.angelino@gmail.com

 

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