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FORME, RIFORME, CORSI E RICORSI.

Venticinque anni e più di riforme: riforme talvolta non sempre efficaci nei tempi e nelle modalità d’espressione , nella linea o nelle finalità non sempre d’immediata evidenza. Ma su ogni pecca riscontrabile in esse svetta l’ incongruenza data dal destabilizzante susseguirsi di esse, una dopo l’ altra,in antitesi fino al punto in qualche caso di annullarsi tra loro o peggio, vanificare titoli e percorsi di chi nella Scuola vive ed opera per dare continuità, seminare, tracciare vie d’ innovazione e confronto, per abbattere barriere e frontiere ormai anacronistiche ma preservando quegli argini invece necessari, e ad oggi straripanti, che la preservano quale Istituzione e servizio, evitandole destini ingrati, quasi d’“intrattenimento” in cui le giovani leve vengano indolentemente e passivamente parcheggiate. Le riforme sono giuste in sé, per principio opportune certo, e molte tra esse (come la Riforma Berlinguer e la Fioroni) partono dalle migliori intenzioni sicuramente (e magari anche da “decontestualizzate” indicazioni europee, illuminate ma lontanissime dalle realtà specifiche, dai localismi) ma sfumano in corso d’attuazione, nell’impatto apocalittico tra burocrazia ed economia, tra principi teorici e necessità concrete, tra indicazioni ed intenzioni al vertice ed il percepito poi attuato dalle basi, dagli operatori dell’apparato e comparto Scuola, che tra mille contraddizioni e difficoltà, riescono per “ispirazione e per volontà” a rendersi efficaci, funzionali, presenti lì dove il Sistema, la Sovrastruttura è lacunosa, latente o carente, quando un riformare attuato da riformisti poco lungimiranti come riformatori, nel tentativo inoculato e sventato di proposte alla cieca, protendono al rinnovamento scivolando rovinosamente ed inconsapevolmente verso l’implosione: impattando contro la punta dell’iceberg… Nel sommerso sottostante,però, l’inestimabile tesoro delle idee, delle proposte, degli operati e dei progetti che come singole gocce hanno il potere di smuovere oceani e magari montagne, quando solo li si lascia cooperare e costruire con fiducia: perché l’ entusiasmo sì, quello è ricchezza e fonte di rinnovamento per l’ Istituzione… Ogni riforma deve prendere prima forma dal basso, nascere come esigenza sociale… Come collante e non come astrazione del mero intelletto erudito… Ed è così che come un Messia la Scuola attende il Credaro della Postmodernità, che sopraggiungendo calzerà le vesti né di un lume, né di un genio, né di un santo bensì di un uomo (o donna che sia) comune, di buon senso e di buone pratiche, che abbia le mani non nelle politiche farraginose ed ‘iperburocraticizzate’ delle lobbies trasversali scollate dal mondo, ma i piedi per terra e lo sguardo attento e vigile sulla Scuola odierna: emergenza nell’Emergenza; distanziata dai vertici ed assembrata in spazi e tempi troppo stretti per la sete di rinnovamento, che ora più che mai non può essere mero restyling, ma richiede riconfigurazione algoritmica di Macrosistemi docimologici, metodologici, sociali, motivazionali e d’orientamento attitudinale. Arriverà il nuovo Credaro quando corsi e ricorsi storici ci riporteranno socialmente ed eticamente con lo sguardo al cittadino, inteso e come identità individuale da valorizzare e come collettivo di una cittadinanza sociale partecipe, vitale, costruttiva ed attiva. Da dove partire per un effettivo rinnovamento della Scuola Nuova? Allora, l’ emergenza pandemica in corso ha offerto se non altro opportunità di rivedere indicatori, criteri e parametri per la valutazione. È evidente che in una qualsiasi condizione emergenziale (non solo pandemica ma anche sismica o bellica ad esempio) decade ogni oggettività nelle prove e prestazioni degli studenti poiché non tutti godono di pari condizioni e mezzi, e attraversano vissuti che possono divergere tra loro in modo considerevole se non abissale. Pertanto giudizi globali ed attestati sarebbero in fase emergenziale per principio più indicati. Riforme come quelle Moratti e Gelmini riportarono la valutazione ad indici anacronistici, non più rispondenti alla pluralità postmoderna, variegata e complessa. Fioroni provò poi a mettere al centro “l’individuo’ ma senza tener del tutto conto del dilagare di personalismo ed individualismo marcato, il cui culmine di deriva si è manifestato con la cosiddetta ‘Buona Scuola’ che, nei territori più circoscritti e provinciali veniva interpretata in modo troppo libero, rispolverando meccanismi talvolta ‘clientelari’ o comunque poco meritocratici. La soluzione? Ripartire dal basso, dalle basi, mutuando dal mondo anglosassone percorsi d’orientamento attitudinale e stages formativi che accompagnino i giovani nella delicatissima transizione dal mondo dello studio a quello lavorativo. In che modo? Attraverso la presenza di figure quali sociologi, psicologi e coachs motivazionali che valorizzino, orientino i giovani, potenziandone talenti e competenze, da rendere inferenze spendibili tanto nell’ immediato quanto sul luogo termine, in modo che il Paese si mantenga vivace, vitale e produttivo: funzionale, funzionante e meritocratico.

di Silvia Boccabelle

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