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Gubbio: primavera in fumo

Chi l’avrebbe mai detto. A questa altezza della vita, con i pochi anni che mi separano dalla pensione, mentre provo, come posso, a cercare la saggezza (“consapevole e distaccato interesse per la vita, anche di fronte alla stessa morte”, secondo la geniale definizione di E. Erikson). Mentre tento un segreto accordo col mondo e con la Trascendenza, mi ritrovo impegnato in una lotta civile, a partecipare a gruppi di studio e manifestazioni. Lotta divisiva, per una piccola città, capace di spaccare in due le persone, divise tra conoscenze, parentele, amicizie, ricatti occupazionali, e coscienza. Lotta necessaria, per scongiurare una minaccia storica irreversibile che grava sulla città e i suoi abitanti. Chi l’avrebbe mai immaginato, che io, tranquillo cittadino e povero professore di provincia, avrei scritto di questo su un supplemento de “Il Manifesto” (che ringrazio per l’ospitalità). Dopo questo strampalato incipit personale vengo ai fatti.

Nel maggio scorso, il mese più bello per Gubbio, la città, orfana della festa dei Ceri, riceveva in compenso la notizia che i due cementifici, Colacem e Barbetti, da sempre l’un contro l’altro armati, trovavano un accordo storico (forse più articolato di quello che pensiamo) e presentavano domanda alla Regione per poter usare come co-combustibile il CSS (Combustibile Solido Secondario, derivato dai rifiuti). Nel mese di gennaio 2021 si scopriva la notizia che gran parte dei progetti presentati dalla Giunta regionale per attingere a quello che nel nostro paese (forse perché popolato da vecchi, che guardano al passato!) si chiama Recovery Plan, mentre nel resto di Europa si chiama Next genration Eu (per giovani che guardano al futuro), più di 25 milioni di fondi richiesti, erano tutti destinati a progetti per produrre CSS in diverse città umbre o per trattare rifiuti. Quasi che l’unico problema della piccola, poco popolosa, verde, Umbria fosse l’immondizia, e non invece un green new deal capace di produrre futuro. Pur nella complicità di mass media asserviti, prima nel silenzio, poi facendo da eco all’operazione manipolando notizie (paragonando l’effetto della combustione delle stufe della nonna all’inquinamento prodotto da un altoforno!), si scopriva nel mese di febbraio che un’impresa, già in sospetto di ecoreati, chiedeva alla Regione di poter iniziare il trattamento di rifiuti, compresi quelli pericolosi, nella già inquinata Padule, una delle frazioni più popolose di Gubbio, a poca distanza dall’impianto Colacem.

Due coincidenze fanno un indizio, diceva qualcuno. Quella che sembrava all’inizio una iattura per la sola città di Gubbio, si componeva come un puzzle, tessera dopo tessera, mostrando un disegno scellerato, progettato da tempo, per trasformare industrie in crisi in inceneritori inadeguati al compito, per l’intero centro Italia.

I rifiuti, il lato oscuro del consumo, quegli scarti che vorremmo scomparissero dalla nostra vista, che stanno invece lì, come un indice accusatorio puntato verso di noi. Piuttosto che pensare a produrne di meno, a riutilizzarli tutti come materia prima seconda (come propone il bel progetto “Rifiuti zero”, presentato ad aprile scorso, ma non ancora visionato dalla Giunta regionale), secondo un’economia circolare con la quale forse potremmo sottrarci alla catastrofe ecologica. No, li si vuole far passare come energie rinnovabili (sì, perché ne produciamo così tanti!). Nell’opacità/impossibilità di classificazione e controllo del CSS sguazzano, non a caso, la criminalità organizzata (che si è già riconvertita tempestivamente in ecomafia) e le imprese senza scrupoli. Centinaia di sostanze pericolose come mercurio e metalli pesanti, verrebbero bruciate all’interno di milioni di tonnellate di co-combustibile (un milione e duecentomila ogni anno!) e sparate nell’aria della più bella città medievale. Proprio adesso, che si sa come le nano-particelle facciano da vettore anche per il Covid.

Si dice che la prima vittima della guerra è la verità. In questa che appare una vera e propria guerra economica, dichiarata da imprese che si vogliono riconvertire, ma essendo camini che bruciano, non possono fare altro, si prova a far passare questo come transizione ecologica. Al grido di “lo vuole l’Europa”, si dà vita ad un inaccettabile green washing. Invece l’UE, già dal 2018, ha escluso dai propri obiettivi il “recupero di energia da rifiuto”. Ha stabilito che soltanto il recupero di materia può essere definito virtuoso (direttive recepite dall’Italia soltanto nel settembre del 2020 con i decreti legislativi n. 116 (3) e 121 (4) per l’attuazione delle direttive europee 850 e 85 /2018) ed escluso gli impianti che fanno il semplice “recupero di energia” da qualsiasi forma di incentivo o sostegno economico.

Invece di pensare a energie pulite come il metano, o meglio, rinnovabili come l’idrogeno, già disponibile anche per cementifici davvero d’avanguardia, invece di inserire dispositivi impiantistici nuovi che rappresentino vere BAT (migliori pratiche disponibili), si pensa di fare cassa con l’immondizia.   

La verde Umbria si candida così a diventare il punto di caduta finale del ciclo dei rifiuti. Si tratta di un vero e proprio attentato all’identità e all’immagine della nostra Regione e della nostra città, che danneggia la memoria storica e squalifica il paesaggio, rischiando così di rimanere intrappolati tutti in un’economia moribonda, nel doppio senso che è morta e che fa morire, da seconda rivoluzione industriale.

Chiudo, tornando al tono personale. Tono disperante, con la speranza di essere smentito dai fatti. Tra qualche anno, se l’opposizione di cittadini, comitati ambientali e del Sindaco di Gubbio, con il suo coraggioso e innovativo Ecodistretto, non riuscirà ad arrestare questo progetto, se questa operazione regressiva dovesse passare, in barba ad ogni sacrosanto principio di precauzione, ci troveremo a ripetere il ritornello di tutta la buona scienza: “come abbiamo fatto a non vedere?”. E mi domando: chi perderà vincendo? I produttori di rischio ambientale, perderanno vincendo perché aggraveranno la condizione della salute degli esposti involontari, soprattutto bambini e giovani. Regaleranno una primavera piena di fumi su Gubbio. Loro, che non sanno, che “la conquista – come diceva S. Weil – è il surrogato della grandezza”.

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